e cappucci di silicone che sembravano usciti dal museo d’arte
moderna e avrebbero fatto bella mostra su qualsiasi comodino,
Isa aveva iniziato a dire che lavorava in una boutique un po’
particolare e con un certo orgoglio puliva come una casalinga
innamorata mettendo sempre fiori freschi, Elena, nemmeno a
parlarne, estasiata da uomini e donne che le raccontavano
particolari intimi, nello spiegare le istruzioni per l’uso era così
professionale e distaccata da riuscire a mettere a proprio agio
anche i neofiti più imbarazzati che si guardavano intorno
temendo sempre di essere scoperti da qualcuno e io, Eva la
prima donna, ci passavo molto più tempo del previsto incantata
dalla strampalata umanità che veniva a comprare, chiedere
consiglio, raccontare e in fondo sognare.
I miei pazienti che ascoltavo lamentarsi sdraiati su un lettino
erano molto meno creativi, spiritosi e disponibili a mettersi in
gioco. Ora si che mi sembrava tutto riconducibile al sesso, Freud
credevo avesse analizzato le cose partendo dall’anima, ma
adesso che le guardavo dalla parte del corpo, constatavo quanto
veramente il miglior amico dell’uomo fosse il “pisello”.
Il
centro dei suoi pensieri, il suo orgoglio o il suo fardello,
dall’infanzia alla vecchiaia secondo un istinto primordiale innato
e trasmesso di generazione in generazione con virile orgoglio. E
quanto, in fondo, lo fosse anche della donna, nessuna invidia
dunque, ma un legame affettivo profondo, come diceva un
articolo molto divertente che mi era capitato di leggere in quei
giorni.
Ovviamente dovevamo sperimentare in prima persona gran parte
degli “accessori” per poterli consigliare o almeno sapere di cosa
stavamo parlando, specialmente quando Mara tornava dalle
fiere, la sera andavamo a casa con i compiti.
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