1 anno prima
“Piccola bottega dei miracoli”, diceva il sottotitolo. Trattandosi
di sesso nulla poteva essere più appropriato, ma il vero nome era
“Zazà”. Nella città eterna a due passi da S. Pietro eravamo tutte
un po’ Zazie bambina francese persa in un metrò, Zsa Zsa
attrice ungherese dai molti mariti, Zazà protagonista sparita di
una famosa canzone napoletana. Nella nostra laicità eravamo
così convinte di agire nel bene dell’umanità che pensavamo
anche il papa ci avrebbe dato la sua benedizione se avesse
saputo quanto gestire un sexy shop significasse prendersi cura
degli altri.
Il caso ci aveva riunito, senza un vero desiderio di trasgressione
e senza malizia. Ci eravamo ritrovate a gestire un sordido locale
ereditato da una separazione trasformandolo in una boutique del
piacere che a poco a poco si era rivelato più appropriato
dell’immaginabile alla nostra personalità, amiche di vecchia
data in cerca di una collocazione lavorativa dopo trascorsi molto
diversi.
Mara aveva affiancato per anni il vecchio proprietario, nella
gestione amministrativa ridendone con me, d’altra parte il suo
studio di commercialista seguiva varie attività, e tra i
Blockbuster, altri noleggiatori video e catene di supermercati, le
era toccato anche questo. Isabella “la separata ereditante” madre
di due figli a tempo pieno, si era ritrovata senza alimenti a dover
gestire l’attività lasciatale dal suo ex marito. Elena, l’unica
decisamente interessata all’argomento, si era licenziata dalla
agenzia di viaggi dove lavorava per partecipare all’impresa
spinta dal desiderio di avere finalmente una creatura sua e
mettere a frutto le nozioni che aveva imparato per diletto
girando il mondo.
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