XL, l'house organ di OPES anno 2, n°5, maggio 2020 | Page 18
AGENDA 2030
L’AGENDA ONU
E L’OBIETTIVO 8:
LAVORO
Sono 17 i punti, o i capitoli, nell’Agenda di Sviluppo
Globale voluta e realizzata in anni di trattative
dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Una
lista di Obiettivi di Sviluppo del Millennio (Millennium
Development Goals o MDG, o più semplicemente
“Obiettivi del Millennio”) che nel 2005 tutti e 193 gli stati
membri dell’Onu si erano ripromessi di raggiungere entro
il 2015. Almeno i primi 8 punti dovevano essere conseguiti,
se non altro per salvare l’autorevolezza di un organismo
roboante che troppo spesso non è sembrato all’altezza del
proprio compito. Ma se qualcosa si è ottenuto il cuore della
maggior parte degli obiettivi è ancora un’utopia, destinata
a diventare sempre più tale.
Prendiamo in considerazione i primi punti dell’Agenda di
Sviluppo Globale, che sono i seguenti:
1. sradicare la povertà estrema;
2. eliminare la fame nel mondo;
3. salute e benessere per tutti;
4. rendere universale l’istruzione primaria;
5. promuovere la parità dei sessi e l’autonomia delle
donne;
6. acqua pulita e igiene per tutti;
7. energia pulita e accessibile;
8. lavoro dignitoso per tutti e crescita economica.
Questi punti sono solo circa la metà di quelli dell’Agenda
di Sviluppo dell’ONU e, come è facile comprendere, sono
DIGNITOSO
stati più i temi approcciati che quelli risolti. Non è detto
che si sia lavorato male, ma la “pachidermica“ struttura
delle Nazioni Unite e la burocrazia imperante nella
maggior parte dei Paesi che fanno parte dell’Assemblea
Generale, rende il lavoro lungo, farraginoso e complesso.
Ciononostante, parecchi miglioramenti ci sono stati,
come abbiamo visto nel nostro focus del mese scorso,
che prendeva in esame il punto 4 dell’Agenda, e cioè la
possibilità di un apprendimento di qualità per tutti. Oggi
il nostro interesse è attratto dal punto 8, che prende in
esame un obiettivo interamente dedicato al lavoro
dignitoso e alla crescita economica; un tema che non
potrebbe essere più all’avanguardia di così in epoca di
pandemia globale, quando anche le economie più forti e gli
stati finanziariamente più solidi accusano il colpo e fanno
i conti sulla drastica diminuzione del PIL, preoccupati
soprattutto per l’inevitabile perdita di milioni di posti di
lavoro che tutto ciò comporta. Purtroppo, però, bisogna
anche ammettere che già prima della pandemia del
coronavirus la situazione “lavoro”, soprattutto nei Paesi
più industrializzati, aveva cominciato a complicarsi.
Prova ne è la perdita di quelle che erano state alcune
importanti conquiste dello Statuto dei lavoratori, che
tra l’altro vede proprio in questi tempi il cinquantesimo
anniversario della sua introduzione. Cosa è avvenuto?
Per lo più si è persa la certezza del lavoro, che ha visto
l’occupazione fissa e certa lasciare sempre più spazio
alla precarietà. Una situazione che è stata determinata
da una tale quantità di fattori diversi che non si può certo
dire che ci siano colpe precise, se non magari quelle di non
essere riusciti a realizzare una vera programmazione che
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