XL, l'house organ di OPES anno 2, n°3, marzo 2020 | Page 12

Dagli inizi di marzo la vita degli italiani è quindi cambiata. Con un susseguirsi di Decreti il governo ha iniziato a porre dei limiti alla libertà di ciascuno di noi; delle restrizioni tuttavia necessarie per poter contenere questa epidemia, limitare il più possibile il contagio senza far esplodere sistema sanitario italiano. E come ogni cosa anche il mondo dello sport ha avuto un rallentamento, fino a fermarsi completamente. Le prime regioni interessate dalle restrizioni sono state la Lombardia, il Veneto, l’Emilia Romagna e il Friuli Venezia Giulia. La popolazione del nord Italia è stata la prima a vivere sospensioni delle attività, degli eventi e delle competizioni sportive di ogni ordine e disciplina, in luoghi sia pubblici che privati. Risale al 4 marzo l’appello degli Enti di Promozione Sportiva ai territori, che sono stati invitati a rispettare le misure sanitarie e a rimanere uniti nell’emergenza: «Gli atleti, i volontari, gli operatori dello sport di base rispettino sui territori le misure di emergenza da coronavirus: restiamo uniti nell’urgenza e abbiamo pazienza, dal movimento sportivo diamo risposte di maturità. Quando saremo fuori dall’emergenza, torneremo presto a riempire le piazze con lo sport». Il coordinamento degli Enti di Promozione Sportiva riconosciuti dal Coni, a rappresentanza di quasi otto milioni di sportivi nel Paese, si è quindi appellato alla propria rete di operatori e atleti per limitare eventi e allenamenti nel rispetto delle misure di contenimento del contagio da Covid-19: «Lo sport, di norma chiamato a unire le persone, oggi ha il compito prioritario di preservarne la salute – ha precisato il coordinamento - ci appelliamo ai nostri territori perché operatori, volontari e atleti abbiano uno scrupolo in più nell’osservanza delle misure emergenziali. Lo sport di 12 base tornerà presto a riempire piazze e parchi non appena saremo fuori dall’emergenza, partendo proprio dai territori che di più stanno soffrendo l’isolamento». Un invito a cui si è appellato anche il nostro Ente di Promozione Sportiva. In seguito, l’8 marzo 2020, dopo una bozza del Decreto della Presidenza di Consiglio dei Ministri che aveva generato confusione, il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha firmato il DPCM riguardante le misure urgenti per contenere e gestire l’emergenza epidemiologica da coronavirus. Queste disposizioni interessavano da una parte le zone più colpite, ossia la Regione Lombardia e le province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso e Venezia, e dall’altra tutto il territorio nazionale. Nel frattempo la Regione Lazio e la Sicilia, tramite due ordinanze finalizzate al contenimento, alla prevenzione e alla gestione dell’emergenza epidemiologica, hanno disposto la chiusura, su tutto il territorio regionale, di palestre, piscine e centri benessere. Disposizioni che comunque non sono sembrate sufficienti al Presidente del CONI Giovanni Malagò che, il 9 marzo, ha deciso di tenere una riunione con i rappresentanti delle singole federazioni in merito all’emergenza. Riuniti dalle ore 15:00, Malagò e i presidenti federali hanno preso la decisione ufficiale di sospendere, fino al 3 aprile, tutte le attività sportive ad ogni livello. Ma prima è stato necessario un nuovo DPCM, emanato dopo che lo stesso Malagò ha informato il premier Conte e il ministro dello sport, Spadafora, su quanto emerso dall’incontro. A spingere Giovanni Malagò a riunire a Palazzo H tutti i massimi esponenti federali per cercare una soluzione che riunisse sotto un’unica bandiera lo sport italiano sono state le varie incongruenze e le difformità di prese di posizione, prese anche all’interno di una