XL, l'house organ di OPES anno 2, n°3, marzo 2020 | Page 13
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stessa federazione, per decidere quali categorie avrebbero
dovuto giocare e quali fermarsi. In una lunga intervista
alla Gazzetta dello Sport (edizione dell’11 marzo 2020),
il numero 1 dello sport italiano ha parlato in questo modo
dell’emergenza e dello stop alle attività sportive:
«Abituarsi a questa assenza è un problema per tanti. Ma
questo è marginale, ed è persino riduttiva questa parola ris-
petto a quello che stiamo vivendo. Proviamo quasi vergogna
a occuparci di tutto questo. Ora ci sono altre emergenze, al-
tri problemi, altre situazioni, e ci sono da rispettare tutte le
indicazioni che possono aiutare a fermare il virus. Poi, cer-
to, possiamo aiutare la gente a vivere meglio in questo peri-
odo. Penso per esempio a una campagna che possa invitare
la gente a fare attività fisica nelle proprie case».
Sulla scelta di fermarsi, invece, Malagò ha aggiunto: «Ma non
è stata una scelta calata dall’alto. E non era una scelta fatta
solo per il calcio. Dopo il Decreto di Conte sono arrivate le
ordinanze delle regioni. Per tutto questo abbiamo chiesto
al governo un’indicazione univoca. E poi ci voleva una
manleva, qualcosa che avallasse la scelta sportiva. Cosa
che è arrivata con il decreto. Hanno convenuto con questa
esigenza. E si sono dimostrati sensibili anche rispetto alla
necessità di rispettare gli impegni internazionali delle
nostre squadre».
Infine, Malagò ha confermato di aver chiesto al Governo
aiuti per tutti gli sport, sia professionistici che non: «Ci sono
centomila società sportive in Italia, centomila società, che
hanno dei costi fissi, la segreteria, l’affitto dell’impianto. Se
non teniamo in vita tutto questo, quando potremo ripartire
lo sport italiano sarà spacciato. Ma il governo percepisce
l’importanza del nostro comparto».
La giornata di lunedì 9 marzo sarà ricordata quindi come
il momento in cui lo sport italiano, all’unanimità e con una
decisione coscienziosa e consapevole, ha deciso di fermarsi.