UFOCTLINE N.13 (Gen -Mar 2014) | Page 14

Pagina 14 Grazie a loro giunsi in breve a contattare telefonicamente il signor Salvatore Ragonese, titolare di un’agenzia fotografica locale, che per primo mi confermò che la foto in questione (che ricordava molto bene) era stata effettivamente elaborata da Giuseppe Grasso, “un fotografo di Giardini” (ME): più precisamente, Ragonese disse che si trattava di un fotomontaggio realizzato per corredare la notizia di uno dei tanti avvistamenti di “dischi volanti” così in voga in quegli anni. Proprio per tale motivo però non intendeva spingere oltre la confidenza fornendomi il nome del giornalista che per così dire si era prestato al gioco, essendo questi ancora in attività. Riguardo Giuseppe Grasso, aggiunse invece che questi era deceduto alcuni anni fa, ma che avremmo forse potuto parlare con i suoi eredi, nell’evenienza che questi ne avessero conservato l’archivio fotografico e magari anche la foto in questione. La cosa sembrava sul momento finita là, in attesa di rintracciare i figli del Grasso e sperare in un colpo di fortuna che ci facesse rinvenire il documento fotografico originale. Ed il colpo di fortuna effettivamente giunse, anche se di altra natura. Infatti soltanto poche settimane dopo, Foresta e Rampulla mi comunicarono raggianti di aver reperito presso l’archivio su microfilm della sede catanese della Biblioteca Regionale Universitaria copia del Giornale dell’Isola (un quotidiano filo-monarchico dell’epoca) che in data 20/11/54 pubblicava un ampio servizio sul caso dei “dischi” avvistati a Taormina da centinaia di persone, che senza dubbio costituiva la vera fonte primaria della celebre foto, pubblicata appunto in prima pagina. Ed insieme ad essa, sotto il titolo “Brivido a mezzogiorno – Un ‘disco volante’ ammara a Taormina”, la foto di due Guardie di Finanza in piedi che tendevano l’involucro bianco ormai floscio del pallone sonda che, come si spiegava in un ampio reportage firmato da Angelo Caruso, aveva originato nei numerosissimi testimoni l’illusione di aver finalmente visto un “vero” disco volante. Nel servizio, proseguente in quarta pagina, il giornalista chiariva che i palloni sonda, le cui evoluzioni erano state osservate da tutti i paesi distribuiti lungo il litorale della costa taorminese, erano due, ma soltanto uno era stato recuperato in mare a circa due chilometri dalla costa da una barca di “coraggiosi” pescatori di Sant’Alessio (ME), Cosimo ed Antonio Carnabuci, mentre dell’altro, allontanatosi verso l’interno in direzione di Graniti (ME), si erano perse le tracce. Completavano l’articolo le foto di una giovane ragazza, indicata come la figlia di uno dei due “eroi” che avevano recuperato il “disco volante”, e quella di un’altro anziano pescatore, anch’egli testimone dell’evento. Ma soprattutto faceva bella mostra di sé in quarta pagina una seconda foto ritraente questa volta un solo “pallone sonda” in cielo sotto lo sguardo di un gruppetto di persone, alcune delle quali potrebbero forse essere le stesse di quelle già inquadrate nella foto più celebre. L’uso del condizionale è in questo caso d’obbligo poiché purtroppo l’immagine in questione, essendo stata acquisita su fotocopia direttamente da microfilm (a sua volta forse realizzato da una copia del giornale non in perfette condizioni di conservazione), non è – come si vede dalla nostra riproduzione - quanto di meglio si possa disporre. Tuttavia la scarsa qualità dell’immagine non inficia per nulla l’importanza della sua scoperta, il cui valore storico, unitamente al reportage del Giornale dell’Isola, va ben al di là del semplice fatto che essa era rimasta fin’ora praticamente sconosciuta agli ufologi. Grazie ad essi ci è stato infatti possibile chiarire una volta per tutte la data dell’evento (il 19 novembre 1954) ed il fatto che le fotografie dei “dischi di Taormina” sono da identificarsi con il caso n.248U riportato nel secondo volume della serie “UFO in Italia” (11), sulla scorta di fonti giornalistiche che a questo punto possiamo senza alcun dubbio definire di seconda mano (12) e che nei vari passaggi hanno in parte distorto i dati dell’accaduto (13) .D’altra parte questa confusione non può suscitare meraviglia, poiché è la stessa fonte primaria a fornire dati differenti tra quanto scritto in prima pagina da chissà quale redattore e quanto invece in quarta dal Caruso, la cui versione dovrebbe per ovvi motivi ritenersi la più attendibile. Ma se possiamo intravedere nella necessità di costruire un titolo più efficace (“Brivido a mezzogiorno”) il fatto che le “10:30” del mattino siano diventate le “12“, ed in quella di consentire a tutti una più facile localizzazione dell’evento