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Grazie a loro giunsi in breve a contattare telefonicamente il
signor Salvatore Ragonese, titolare di un’agenzia fotografica
locale, che per primo mi confermò che la foto in questione
(che ricordava molto bene) era stata effettivamente
elaborata da Giuseppe Grasso, “un fotografo di Giardini”
(ME): più precisamente, Ragonese disse che si trattava di
un fotomontaggio realizzato per corredare la notizia di uno
dei tanti avvistamenti di “dischi volanti” così in voga in quegli
anni. Proprio per tale motivo però non intendeva spingere
oltre la confidenza fornendomi il nome del giornalista che
per così dire si era prestato al gioco, essendo questi ancora
in attività. Riguardo Giuseppe Grasso, aggiunse invece che
questi era deceduto alcuni anni fa, ma che avremmo forse
potuto parlare con i suoi eredi, nell’evenienza che questi ne
avessero conservato l’archivio fotografico e magari anche
la foto in questione.
La cosa sembrava sul momento finita là, in attesa di
rintracciare i figli del Grasso e sperare in un colpo di fortuna
che ci facesse rinvenire il documento fotografico originale.
Ed il colpo di fortuna effettivamente giunse, anche se di altra
natura. Infatti soltanto poche settimane dopo, Foresta e
Rampulla mi comunicarono raggianti di aver reperito presso
l’archivio su microfilm della sede catanese della Biblioteca
Regionale Universitaria copia del Giornale dell’Isola (un
quotidiano filo-monarchico dell’epoca) che in data 20/11/54
pubblicava un ampio servizio sul caso dei “dischi” avvistati
a Taormina da centinaia di persone, che senza dubbio
costituiva la vera fonte primaria della celebre foto, pubblicata
appunto in prima pagina. Ed insieme ad essa, sotto il titolo
“Brivido a mezzogiorno – Un ‘disco volante’ ammara a
Taormina”, la foto di due Guardie di Finanza in piedi che
tendevano l’involucro bianco ormai floscio del pallone sonda
che, come si spiegava in un ampio reportage firmato da
Angelo Caruso, aveva originato nei numerosissimi testimoni
l’illusione di aver finalmente visto un “vero” disco volante.
Nel servizio, proseguente in quarta pagina, il giornalista
chiariva che i palloni sonda, le cui evoluzioni erano state
osservate da tutti i paesi distribuiti lungo il litorale della costa
taorminese, erano due, ma soltanto uno era stato recuperato
in mare a circa due chilometri dalla costa da una barca di
“coraggiosi” pescatori di Sant’Alessio (ME), Cosimo ed
Antonio Carnabuci, mentre dell’altro, allontanatosi verso
l’interno in direzione di Graniti (ME), si erano perse le tracce.
Completavano l’articolo le foto di una giovane ragazza,
indicata come la figlia di uno dei due “eroi” che avevano
recuperato il “disco volante”, e quella di un’altro anziano
pescatore, anch’egli testimone dell’evento. Ma soprattutto
faceva bella mostra di sé in quarta pagina una seconda foto
ritraente questa volta un solo “pallone sonda” in cielo sotto
lo sguardo di un gruppetto di persone, alcune delle quali
potrebbero forse essere le stesse di quelle già inquadrate
nella foto più celebre.
L’uso del condizionale è in questo caso d’obbligo poiché
purtroppo l’immagine in questione, essendo stata acquisita
su fotocopia direttamente da microfilm (a sua volta forse
realizzato da una copia del giornale non in perfette
condizioni di conservazione), non è – come si vede dalla
nostra riproduzione - quanto di meglio si possa disporre.
Tuttavia la scarsa qualità dell’immagine non inficia per nulla
l’importanza della sua scoperta, il cui valore storico,
unitamente al reportage del Giornale dell’Isola, va ben al di
là del semplice fatto che essa era rimasta fin’ora
praticamente sconosciuta agli ufologi. Grazie ad essi ci è
stato infatti possibile chiarire una volta per tutte la data
dell’evento (il 19 novembre 1954) ed il fatto che le fotografie
dei “dischi di Taormina” sono da identificarsi con il caso
n.248U riportato nel secondo volume della serie “UFO in
Italia” (11), sulla scorta di fonti giornalistiche che a questo
punto possiamo senza alcun dubbio definire di seconda
mano (12) e che nei vari passaggi hanno in parte distorto i
dati dell’accaduto (13) .D’altra parte questa confusione non
può suscitare meraviglia, poiché è la stessa fonte primaria
a fornire dati differenti tra quanto scritto in prima pagina da
chissà quale redattore e quanto invece in quarta dal Caruso,
la cui versione dovrebbe per ovvi motivi ritenersi la più
attendibile.
Ma se possiamo intravedere nella necessità di costruire un
titolo più efficace (“Brivido a mezzogiorno”) il fatto che le
“10:30” del mattino siano diventate le “12“, ed in quella di
consentire a tutti una più facile localizzazione dell’evento