Tesi di Laurea di Davide Roberto in Etnomusicologia (Dams - Musica) Tesi di Laurea in Etnomusicologia di D. Roberto | Page 30
Entrambi gli studiosi riconoscono il carattere “musicoterapeutico” 56 del
fenomeno.
Schneider colloca il tarantismo come un “rito medicinale che dà una
visione cosmologica del mondo” 57. Un sistema che vede la musica e la
danza all’interno del tarantismo come una forma terapeutica per il morso
del ragno (piano reale fenomenico) e per la lotta tra la vita e la morte,
tra l’estate e l’inverno 58 (piano reale permanente). Il morso del ragno,
secondo i casi analizzati da Schneider sarebbero reali 59.
In base alle ricerche effettuate in Salento, nel 1959, De Martino
considera il tarantismo in questo modo:
«una “forma di religione
minore” basata su di un “esorcismo musicale-coreutico-cromatico” » 60.
Per De Martino: “Il tarantismo agisce come un rituale mitico di ripresa e
di reintegrazione dai momenti critici della vita, quali quelli della
pubertà, dell’eros precluso e del conflitto delle adolescenti, all’interno
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La musica che facendo danzare la tarantata, permetteva di curarla tramite la sudorazione connessa al
ballo e vista come modo per eliminare il veleno del ragno.
57
GILBERT ROUGET, Musica e trance, Giulio Einaudi Editore, Torino, 1986, pag. 220.
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Questa visione del tarantismo da parte di Schneider non prevede un’analisi del fenomeno secondo un
dettato di tipo religioso e psicoanalitico, che, invece è più presente in De Martino.
59
Su questa posizione, distante dalla concezione del “morso presunto” di De Martino, vi sono state
posizioni diverse in base anche a narratori del fenomeno, quali Pino Zimba e Luigi Stifani, suonatori
legati al tarantismo e che hanno partecipato al rituale di “cura e danza” dei tarantati. Testimonianze legate
alla sofferenza, alle condizioni del lavoro e della vita contadina nel Salento delle donne, degli uomini e
dei tarantati. La credenza popolare, anche riscontrabile nel testo Sertum papale de venenis del XIV sec.,
poneva la liberazione dal veleno della taranta, tramite la sudorazione connessa al ballo dei tarantati. In
base a tali credenze, la leggenda popolare può essere in realtà legata anche ad una spiegazione
strettamente scientifica: il ballo convulso connesso all’ «allegrezza» provata nell’ascoltare la pizzicatarantata, accelerando il battito cardiaco, favorisce l'eliminazione del veleno e contribuisce ad alleviare il
dolore provocato dal morso del ragno.
Riporto anche il caso in cui la “sintomatologia del morso” del ragno sia apparsa in un neonato. Ecco in
merito a questo caso, un passo preso da un’intervista al violinista Luigi Stifani, realizzata da Ruggiero
Inchingolo all’interno dell’opera “Luigi Stifani e la pizzica tarantata”. “Era il 1928 e mi capitò un
bambino di 6 mesi che era figlio di contadini che raccoglievano tabacco. Praticamente questa povera
gente aveva messo sotto all’albero questo bambino. Quando si sono ritirati, verso le 10 e mezza, nelle ore
di caldo, sono andati a prendere il bambino, e il bambino era immobilizzato. […] Dopo averlo portato a
Nardò, hanno chiamato il dottore, e il dottore gli ha detto: «forse sarà il caldo» e gli ha dato un
bicchiere di una medicina preparata in farmacia. Ma questo bambino non rinveniva. […] Io nel ’28
lavoravo da un barbiere, ero giovanissimo, e mi hanno chiamato…dicendomi: «Maestro Gigi, e non vieni
per vedere? C’è un bambino abbandonato», e così ho preso il mandolino, che allora il violino non lo
suonavo ancora, ho chiamato mio fratello, che era più grande, e sono andato. Ora, noi eravamo nella
sala d’entrata, mentre il bambino, stava nella stanza da letto. Come abbiamo cominciato a suonare la
pizzica tarantata “indiavolata”, questo bambino ha cominciato a rotolarsi. […] Sicché dopo 3 ore, il
bambino si è rimesso in stato normale.” Questo singolare episodio fa riflettere circa l’analisi del
tarantismo di De Martino, basata anche sulla visione dell’eros precluso e l’isteria delle donne tarantate,
che però, difatti non combacerebbe con il caso del neonato appena descritto.
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ERNESTO DE MARTINO, La terra del rimorso, Il Saggiatore, Milano, 1961, pag. 70.
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