Trumponomics
cati tradizionali dell’ export italiano, in primis Germania e Francia. Che si indebolirebbero ancora di più nel caso di una guerra commerciale coinvolgendo, a cascata, tutte le catene di fornitura che vedono impegnate le aziende italiane. Uno sconvolgimento del mercato mondiale andrebbe poi a colpire anche quei mercati“ lontani” che nel 24 hanno contribuito a salvare la bilancia commerciale italiana grazie alla capacità delle nostre aziende di riorientare rapidamente il focus strategico. Lo si vede bene dai dati diffusi a febbraio dall’ Istat. Nel 2024 l’ export italiano extra UE è cresciuto del 3,9 % rispetto all’ anno precedente, con una forte accelerazione negli ultimi mesi. Guardando ai mercati, gli aumenti dell’ export più consistenti sono verso i Paesi ASEAN(+ 40 %) e Regno Unito(+ 11,5 %). Viceversa, diminuiscono le vendite verso Cina(-6,0 %), Stati Uniti(-3,7 %) e Paesi OPEC(-1,6 %). Negli ultimi anni, molti Paesi asiatici hanno beneficiato dei cambiamenti nelle catene di approvvigionamento innescati dalla prima guerra commerciale di Trump con la Cina. Molti produttori, compresi quelli cinesi, hanno spostato le fabbriche in luoghi come il Vietnam e la Cambogia. Le esportazioni del Sud-
Il risultato più probabile è che sia i lavoratori che le aziende saranno danneggiati
Est asiatico verso gli Stati Uniti hanno superato quelle verso la Cina. Ma anche questi Paesi adesso verrebbero colpiti da dazi generalizzati a tutto il mondo.
Uno sguardo in base alla merceologia Guardando ai comparti merceologici, a guidare la crescita dell’ export italiano extra EU sono in particolare i beni di consumo non durevoli(+ 16,5 %) e durevoli(+ 14,8 %), energia(+ 5,4 %) e beni intermedi(+ 4,7 %), mentre si riducono le vendite di beni strumentali(-7,5 %). Le previsioni degli analisti dei più importanti centri studi- dall’ OCSE a Confartigianato, Prometeia, Svimez- sono decisamente pessimistiche. L’ ultimo rapporto sulla competitività dei settori produttivi pubblicato dall’ Istat indica 23.000 imprese vulnerabili all’ export, cioè aziende concentrate su pochi mercati di sbocco e su pochi prodotti, e che hanno una quota rilevante del proprio fatturato legato alle esportazioni. Le aziende vulnerabili alla domanda degli Stati Uniti sono 3.300 e vendono prevalentemente in ambiti come il farmaceutico, meccanico( turboreattori e turbopropulsori), gioielleria, generi alimentari( vini e oli) e mobili. È una quota di mercato che vale 10 miliardi di euro.
Ma c’ è anche un’ altra categoria di imprese vulnerabili, quelle che potrebbero soffrire per i maggiori costi dei prodotti importati quando i fornitori sono pochi e poco sostituibili. Il rischio riguarda 4.600 aziende, che impiegano 400mila addetti e generano il 5,7 % del valore aggiunto e il 23,8 % delle importazioni complessive. L’ Istat individua soprattutto 780 imprese dipendenti dalla Cina per i beni legati alla meccanica e al tessile che potranno soffrire per le difficoltà della catena di approvvigionamento.
L’ alternativa Asia e Sudamerica I rischi per l’ Italia assumono un aspetto non meno preoccupante se si considera il diverso grado di importanza che l’ export verso gli USA assume per le singole regioni. Perché, se la media nazionale è circa il 10 % sull’ export totale, un’ analisi dell’ Ufficio studi Unioncamere dell’ Emilia Romagna mostra che per l’ Abruzzo è oltre il 20 %, per il Friuli Venezia Giulia quasi il 17 %, per il Molise quasi il 15 %. In Lombardia, prima regione esportatrice in valore, il peso degli States è di“ appena” l’ 8,2 %, mentre in Emilia Romagna e in Toscana la quota statunitense incide per oltre il 12 %. Come potrebbe reagire l’ UE? Rispondendo colpo su colpo? Infilarsi in una logica di ritorsioni potrebbe non essere una buona strategia, come ha detto recentemente Mario Draghi, indicando come migliore alternativa quella di sviluppare le relazioni commerciali con Asia e Sudamerica. Una guerra commerciale scatenerebbe il caos nel commercio mondiale, ogni Paese sarebbe tentato di difendersi singolarmente come può, regole e accordi andrebbero in crisi e la competizione crescerebbe a livelli selvaggi.
I rischi per la famiglia americana media Anche negli USA, peraltro, vi sono molte autorevoli opinioni che dubitano fortemente dei benefici immaginati dai sostenitori della“ Trumponomics”. Il conseguimento della“ reindustrializzazione” americana non è affatto certo. Alcuni comparti, come l’ automotive e
38 Maggio 2025 www. techmec. it