considerare la loro dipendenza da attori esterni come la Russia. Il protezionismo, dunque, si sta affermando come una risposta a queste preoccupazioni. Un aspetto critico di questa incertezza geoeconomica riguarda le catene di approvvigionamento globali, che sono sottoposte a crescenti pressioni. Le difficoltà nelle supply chain sono evidenziate dal Global Supply Chain Pressure Index, che monitora l’ intensità delle interruzioni nelle reti di distribuzione globali. Come nel caso dell’ indice precedente, anche questo ha registrato picchi significativi negli ultimi anni a causa della pandemia e delle crisi logistiche successive, quando domanda e offerta si sono trovate disallineate. Tali distorsioni sono state aggravate non solo dalla scarsità di manodopera e dai disagi nei trasporti, ma anche dalle misure politiche come i dazi commerciali e i blocchi alle frontiere, che hanno aumentato i costi e rallentato i flussi di merci tra le principali economie mondiali. Questi sviluppi hanno avuto un impatto profondo sulle catene di approvvigionamento globali, portando i Paesi a implementare politiche industriali volte a ridurre la dipendenza dalla Cina in settori strategici come i semiconduttori e le materie prime critiche, essenziali per la transizione digitale ed energetica. Il panorama economico globale sta cambiando, e questo processo deve essere interpretato come una risposta a crisi sistemiche più ampie, che stanno ridisegnando il ruolo della globalizzazione e delle relazioni commerciali internazionali.
I possibili impatti del geopolitical risk L’ Italia è uno dei principali esportatori di macchine utensili al mondo, e gli Stati Uniti rappresentano il suo mercato di sbocco più importante. Gli Stati Uniti stanno adottando politiche protezionistiche in settori chiave per l’ impiego di macchine utensili come l’ automotive, l’ acciaio e l’ alluminio. Secondo l’ OCSE, tra i dieci settori che potrebbero subire i maggiori impatti a causa dei dazi al primo posto figurano i veicoli a motore e la relativa componentistica, seguiti dai macchinari e attrezzature( secondo posto), e dai metalli e prodotti in metallo( quinto posto). Il comparto italiano delle macchine utensili potrebbe risentire di tali politiche, in quanto i settori citati richiedono l’ uso intensivo di attrezzature specializzate per la lavorazione di componenti metallici. La centralità del mercato automotive è ulteriormente confermata dalla survey condotta da Ucimu, secondo cui il 24 % delle macchine utensili è diretto proprio al comparto automotive, il quale risulta essere tra i due principali destinatari dei prodotti italiani( l’ altro mercato principale è quello dei contoterzisti). Dal punto di vista interno, gli effetti di questa dinamica si riflettono anche sul tessuto occupazionale italiano. Il
rallentamento degli investimenti e la riorganizzazione delle catene di fornitura possono portare a una contrazione della domanda di lavoro sia diretta, all’ interno delle aziende produttrici di macchine, sia indiretta nei settori ausiliari quali logistica, trasporto e servizi di manutenzione. La diminuzione della competitività internazionale, unita alla crescente pressione sui margini di profitto, rischia di tradursi in un rallentamento della dinamica occupazionale per tecnici e operai specializzati, profili già di difficile reperimento. L’ imposizione di dazi sull’ import di auto dal Messico, un mercato strategico per il comparto italiano, ha ulteriormente complicato il quadro. Tali misure rischiano di deprimere la domanda di macchine a deformazione poiché i partner commerciali, in presenza di costi sempre più elevati, potrebbero riorientare i propri acquisti verso fornitori che offrono condizioni tariffarie più vantaggiose. In questo scenario la concorrenza cinese risulta ancora più agguerrita, poiché il reindirizzamento dei flussi commerciali verso l’ Asia riduce ulteriormente lo spazio
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