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Ecco i posti letto che mancano
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i tagli alla sanità
Posti letto falcidiati e una carenza strutturale di medici: il Sistema sanitario nazionale c’è arrivato così all’emergenza Coronavirus. Lo spiega Carlo Palermo, segretario nazionale Anaao-Assomed, il sindacato più rappresentativo nel settore sanitario, intervistato sul Quotidiano Nazionale da Veronica Passeri. Quanto pesano ora anni di tagli alla sanità pubblica? «Arriviamo a questa crisi epidemica con l’affanno, dalla crisi finanziaria del 2009 le spese sociali si sono ridotte e tutto questo per la sanità pubblica si è tradotto in una riduzione di 50 mila addetti in meno. Negli ospedali italiani, in questo preciso momento, mancano 8mila medici, 2mila tra biologi, chimici e farmacisti, dai 36 ai 40mila tra infermieri, fisioterapisti e altri operatori sanitari». Sono crollati i posti letto? «I posti letto sono stati falcidiati: all’inizio degli Anni 2000 c’erano circa 300mila posti letto, oggi sono 70-80mila in meno. Questo non può non avere conseguenze in termini di riduzione di accesso alla possibilità di curarsi. Su questa situazione si è abbattuta l’epidemia che si accompagna a un tasso di ricoveri molto alto, il 40-50% dei casi, e di questi il 10% necessita di terapie intensive». Perché si è tagliato sulla sanità? «La sanità è diventata il bancomat per l’equilibrio di bilancio delle Regioni che spendono su questo capitolo il 70-75% del loro budget. Inoltre, le aziende sanitarie man mano che i colleghi andavano in pensione non hanno assunto, hanno chiuso servizi o spostato sul privato. In Lombardia un terzo dei posti letto sono nel privato, è arrivato il momento che entrino nella rete di risposta al Coronavirus».
Il Lancet, una delle più autorevoli riviste scientifiche al mondo, pubblica la previsione di uno studio condotto in collaborazione dall’Istituto Mario Negri e l’Università degli studi Bergamo che sollecita i leader politici e le autorità sanitarie nazionali a muoversi il più rapidamente possibile per garantire che vi siano risorse sufficienti, tra cui personale, posti letto e strutture di terapia intensiva, per quello che accadrà nei prossimi giorni e settimane. Le previsioni riportate da Andrea Remuzzi, professore di ingegneria biomedica all’Università degli studi di Bergamo e Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Mario Negri sulla base dei dati disponibili sul numero dei pazienti COVID-19, analizzano da un lato l’andamento del trend dei contagi e dall’altro il trend dei pazienti bisognosi di terapia intensiva. I dati disponibili fino ad oggi forniti dal Ministero della Salute seguono sostanzialmente un modello esponenziale che indica un valore di R0 compreso tra 2,8 to 3,2. Se l'aumento del numero di pazienti infetti seguirà l’andamento esponenziale anche per la prossima settimana, ci potrebbero essere più di 30.000 infetti entro pochi giorni. Rispetto al numero di pazienti ricoverati in terapia intensiva, anche questo numero è aumentato in modo esponenziale sulla base dei dati forniti dal Ministero italiano della Salute con la stessa legge esponenziale. I dati disponibili hanno mostrato che il trend nell’aumento del numero di pazienti che avranno bisogno di terapia intensiva aumenterà notevolmente e inesorabilmente nei prossimi giorni. Nell’articolo si prevedere che questo numero potrebbe saturare la capacità del sistema sanitario nazionale in pochi giorni. Confrontando l’andamento del numero di pazienti attivi in Italia e quello registrato nella regione di Hubei in Cina, simile all’Italia per numero di abitanti e distribuzione dell’infezione, si può dedurre che entro alcuni giorni questo aumento potrebbe però divergere dall’andamento esponenziale e rallentare. “Attualmente – spiega Andrea Remuzzi, professore di ingegneria biomedica all’Università degli studi di Bergamo - sono ancora pochi i dati da prendere in considerazione per formulare ipotesi più solide in merito al numero esatto di pazienti che saranno infettati nei prossimi giorni o nelle prossime settimane. Dato che finora la percentuale di pazienti che richiedono la terapia intensiva è vicina al 10% dei pazienti infetti, si può prevedere che potrebbero essere teoricamente necessari fino a 4.000 posti letto di terapia intensiva durante il periodo peggiore dell’infezione, che sarà verosimilmente tra circa 4 settimane”.
“Ci rendiamo conto – conclude Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Mario Negri - che è molto verosimile che a questo numero di posti letto di terapia intensiva non si possa arrivare. Una percentuale speriamo significativa di pazienti accederà alla terapia intensiva, gli altri saranno trattati con supporti respiratori meno invasivi. Questa è una grossa sfida per l'Italia, perché ora ci sono poco più 5.200 posti letto in terapia intensiva in totale. Teniamo conto poi che abbiamo solo poche settimane per l’approvvigionamento di personale, attrezzature tecniche, e materiali. Sappiamo che il governo è al lavoro per approvare una legge che consentirà al servizio sanitario di assumere 20.000 medici e infermieri e di fornire altri 5.000 ventilatori agli ospedali italiani. Queste misure rappresentano un passo nella giusta direzione, ma il nostro modello ci dice che devono essere attuate con urgenza, nel giro di pochi giorni”.
L'emergenza in Italia