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Milano perde il 17%, colpa della Bce
Annunciata, temuta, abbondantemente prevista. La tempesta perfetta si è abbattuta sui mercati europei. Un crollo senza precedenti. Soprattutto a Milano, che chiude con il peggior risultato di sempre, -16,92%. Maglia nera in un’Europa dove le vendite sono arrivate a raffica, sull’onda della delusione per le decisioni della Bce e delle preoccupazioni per l’espansione del Coronavirus. Parigi lascia sul terreno il 12,28%, Francoforte il 12,21%, Londra il 9,81%. Insomma, il panico. Alla fine della giornata più nera dei mercati azionari, il Vecchio Continente brucia oltre 825 miliardi di euro. Che si aggiungono ai 1300 andati in fumo nelle ultime due settimane. Un bilancio pesantissimo: oltre 2100 miliardi. A leccarsi le ferite sono soprattutto i risparmiatori e gli investitori di piazza Affari. In una sola giornata hanno visto “sparire” oltre 68 miliardi di capitalizzazione. Un record. Giusto per avere un metro di paragone, negli ultimi quindici giorni, con i mercati già in profondo rosso, le perdite si erano fermate a quota 85 miliardi in tutto. Quanto basta per far scattare un nuovo campanello di allarme sullo stato di salute dell’Azienda Italia, ad un passo dalla recessione: prima o poi, la pesante battuta di arresto dei mercati finanziari, si riverserà come un’onda anomala anche sull’economia reale. Bruciando investimenti e posti di lavoro.
Un copione già visto tante volte in passato. E che ora ha fatto salire anche il termometro delle polemiche. Due le istituzioni finite nel mirino delle critiche: la Bce sul fronte europeo e la Consob, l’autorità che vigila sulla Borsa, su quello italiano. I più duri erano stati il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, e la numero uno di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, che si erano spinti fino a chiedere la chiusura tout court delle contrattazioni. Più cauto il capo della Lega, Matteo Salvini, che si era limitato a sollecitare lo stop per le vendite allo scoperto. Il presidente della Consob, Paolo Savona, non ne ha voluto sapere, spiegando che la chiusura sarebbe stata praticamente inutile, dal momento che a far cadere i listini non era la speculazione ma le incertezze sul futuro dell’economia generate dal coronavirus. Una linea condivisa dal ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri. Ma nessuno, però, poteva aspettarsi uno scivolone come quello andato in onda ieri e che ha spinto sul piede di guerra il M5s e i leghisti. In Europa hanno chiesto la testa della Lagarde: “Dalla Bce è arrivato uno schiaffo all’Italia”. Mentre, sul fronte interno, i deputati pentastellati della Commissione Finanze si sono chiesti perché la Consob non sia intervenuta a chiudere le contrattazioni “fino alla fine della seduta”.
Antonio Troise
A Milano la peggiore seduta di sempre: un crollo di quasi 17 punti. In una sola giornata sono andati in fumo 65 miliardi di euro, quasi il triplo rispetto a quello che il governo ha messo in campo per l’emergenza Coronavirus. Ma è andata malissimo su tutte le piazze europee, che hanno lasciato sul terreno oltre 825 miliardi. Una debacle. Colpa del virus e delle incertezze che la pandemia si porta dietro. Ma anche colpa di una Bce che, alla sua prima vera prova dopo l’addio di Mario Draghi, non ha saputo mandare segnali rassicuranti ai mercati. Si è limitata ad utilizzare il vecchio “bazooka” del quantitative easing, inondando i mercati di nuova liquidità e senza capire, probabilmente, che servivano ben altri stimoli, una cura-choc sul modello di quella che, nelle stesse ore, sta preparando la Federal Reserve americana. Tanto che perfino il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, non ha trattenuto il uso disappunto: “L’Italia si attende solidarietà e non ostacoli dall’Ue”. Mentre Lega e Cinquestelle, sono tornati a parlare all’unisono chiedendo le dimissioni della Lagarde: “C’è stato schiaffo all’Italia”. Altro che lo slogan, “siamo tutti italiani”, intonato qualche giorno fa dalla presidente della Commissione Europea, Ursula Von Der Leyen.
La verità è che, ancora una volta, di fronte ad un’emergenza di queste dimensioni, le istituzioni europee si sono mostrate impreparate. La crisi economica innescata dall’epidemia esportata dalla Cina rischia di avere dimensioni imprevedibili. E non solo finanziarie. Prima o poi la tempesta dei mercati si sposterà sull’economia reale. Bruciando non solo capitali, ma anche investimenti e posti di lavoro. Ad alimentare ancora di più l’incertezza c’è poi un’ulteriore considerazione. Se davvero dovesse passare l’idea di chiudere non solo i negozi ma anche le fabbriche, l’azienda Italia potrebbe entrare in un tunnel pieno di incognite. Una cosa, infatti, è bloccare per due settimane (o anche più) un esercizio commerciale: quando l’allarme sarà finito, le serrande si rialzeranno e i clienti torneranno ad acquistare. Un’altra, invece, è spegnere gli impianti di una fabbrica. Non è facile rimetterli in moto. Ma, soprattutto, non è detto che una volta ripartiti, gli imprenditori possano ripartire come se non fosse successo nulla e, soprattutto, con gli stessi ordini di prima. Il rischio, insomma, è che oltre a perdere posti di lavoro, l’azienda Italia arretri sui mercati rendendo ancora più lenta la ripartenza. Di fronte a questi scenari sarebbe perciò necessario non lasciarsi trasportare dall’emotività. Ma anche mettere in campo azioni forti per difendere il nostro sistema produttivo ed evitare che affondino non solo i mercati finanziari ma anche il Paese reale. Quello che già oggi è in guerra contro un nemico terribile.
Segue dalla prima pagina
La gaffe dell'Ue che fa crollare i mercati