Sentì dei passi avvicinarsi e allora gridò ancora più forte! Il
cassetto si schiuse, la luce si intrufolò nella fessura e due falangi
con unghie smaltate di blu la strinsero con desiderio.
“ Finalmente!” pensò la penna “ posso uscire e lavorare!”
Dopo mesi di clausura assieme a quel quaderno brontolone, il
contatto umano provocò un piacere inaspettato nel corpo freddo
della penna, il suo grido si fece acuto e per l'emozione
incontenibile le sfuggirono un paio di schizzi. Un piacere fisico
mai sperimentato prima la sconvolse a tal punto da farle
dichiarare amore eterno a quella mano.
Ma non durò.
Assieme scrissero poche frasi sdolcinate dentro un quaderno
segreto dall'animo oscuro. Tredici giorni sprecati, secondo la
penna, e tredici notti insonni, assillata dai bisbigli di quei fogli
carcerieri. Parole imprigionate volevano uscire, evadere,
scappare, visitare l' aldilà, vedere altre persone, parlare ad alta
voce, confrontarsi con tutte le parole che circolano libere per il
mondo.
Invece la ragazza le sigillava con un lucchetto a forma di cuore e
teneva la chiave appesa al collo. Era gelosa ed insicura,
stringeva ogni pensiero come l'orso di peluche che aveva
abbandonato l'anno prima. Non sapeva cosa fare e si sfogava
con l'amore.
Quanto dolore represso in un abbraccio scritto...e quanto bisogno
di affetto.
Forse era solo innamorata dell'amore stesso.
Forse, per eccesso di sfiducia, non riusciva neanche ad amare e
per questo torturava le parole.
La penna era complice, lo sapeva, colpevole del misfatto tanto
quanto la ragazza ma non le importava affatto. Le dispiaceva
soltanto per lo spreco di inchiostro.
Oramai nutriva un grande disprezzo per quell'essere umano così
come per l’umanità intera, considerata solo una mano con inutile
carne attorno.
Dal canto nostro, noi umani dovremmo guadagnarci il loro rispetto
attraverso ogni tratto, lettera o virgola, con gesto deciso e presa
solida.
C'è un detto popolare scritto a mano che recita: “l'umano finisce
al polso, il resto è un corpo estraneo”.