Il Morazzone ,sotto l’ala protettrice del nume tutelare Gaudenzio, con foga
impetuosa, con mimica intensa, sciorina gruppi di vecchioni dalle candide barbe
fluenti e dai monumentali turbanti nelle espressioni e negli atteggiamenti più
vari; focosi cavalieri rivestiti d’acciaio, soldati in fogge orientali colti in istantanee ardite, esaltati negli effetti violenti delle luci abbaglianti e degli sgargianti
vigorosi accostamenti di colori.
Fa da barriera, quasi da supporto, ma anche da punto di avvio, sulla destra, la
veduta della città di Gerusalemme con le sue cupe poderose mura ampiamente
estese, preannuncio del ruolo basilare che le incombenti pareti di rosso mattone
assumeranno qualche anno dopo nel complesso dell’Ecce Homo, a delimitare
il cortile del pretorio di Pilato. Ed è proprio da qui, dalle mura della città che
prorompe e si espande fragorosa, incalzante la marea umana, dirigendosi nell’aperto paesaggio verso il Calvario.
Lo spunto più diretto, non solo per la barriera umana, ma anche per il paesaggio parte da Gaudenzio. Ma il contrasto dei timbri cromatici, gli effetti di luci
balenanti risultano più arditi, più violenti e tormentati. Il clima ideale e culturale è profondamente mutato.
Le ariose, liriche vedute che compaiono nella Crocifissione sulla parete destra,
d’una tenerezza tutta valsesiana, le distese soffici ed ondulate di colline, prati,
boschetti della cappella dei Magi, d’una calma bucolica, vengono reinventate e
rivissute dal Morazzone in un contesto totalmente diverso. La natura è espressa
secondo i modi cari alla cultura romana che tra Cinque e Seicento già aveva
volto il suo interesse verso la pittura di paesaggio, caldo, meridiano, di timbro
eroico e mitologico.
Anche il gruppo dei due giovinetti (da alcuni ritenuti forse Adamo ed Eva,
ma si scorgono con essi nella penombra anche altre figure) che assistono da un
dosso all’avanzare del corteo, è una geniale personalissima variazione e addirittura un capovolgimento delle figurette dei giovinetti gaudenziani che suonano
calmi nella pace agreste o che, sdraiati sull’erba, si dissetano bevendo da una zucca, come appunto sullo sfondo della cappella dei Magi m una atmosfera idilliaca.
Qui tutto e teso, ansioso; i giovinetti del Morazzone sono colti quasi di sorpresa, in atteggiamenti mossi, improvvisi, istantanei, curiosi, sferzati dalla luce,
mentre le altre figure, immerse nella penombra, più intuite che descritte, rendono più sospesa e satura di mistero la scenetta.
È stato scritto che il pittore si è presentato “ a Varallo come un Gaudenzio
redivivo.” In realtà è da questa cappella della Salita al Calvario che inizia l’accostamento del Morazzone all’arte di Gaudenzio, che porterà con una svolta
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