Monte, vi abbia modellato dapprima quelle di Adamo ed Eva per il Paradiso
Terrestre nel tardo novembre o nel dicembre 1572, e poi le altre due di S. Giuseppe e dell’Angelo per il Secondo sogno, le uniche giunte fino a noi. Vi sono
poi anche quelle del battesimo.
Infatti, come è noto le une vennero rifatte tra il 1608 e il 12 e le altre, una
prima volta tra il 1594 ed il 95 dal Prestinari, e pochi anni dopo dal Tabacchetti.
Nulla vieta di pensare che quei primi esemplari ora perduti fossero in stucco
e non in terracotta.
Nel «Memoriale» l’espressione è in verità un po’ sibillina: “Alla Cappella
di S. Joseph si haurà da fenir et fare le due figure di rilieuo...». Ma ritengo che il
verbo «fenir» si riferisca alla cappella in generale ed il verbo «fare» alle statue,
che quindi saranno state eseguite interamente nei primi mesi del 1573; in caso
diverso, cioè se già iniziate prima della data del «Memoriale», saranno sempre però state terminate dopo l’esecuzione di quelle di Adamo ed Eva e quindi
ugualmente agli inizi del nuovo anno.
Esse verranno ridipinte molte volte lungo i secoli. Già nella sua visita del settembre del 1617 il vescovo di Novara cardinal Taverna ordinava che la figura
«dell’Angelo che per la maggior parte si vedeva nuda e con poca decenza si
dovesse vestirla e ricoprire tali nudità riformandone la faccia in modo più decoroso».
Nel 1944 le due statue verranno liberate dai capelli e dalla barba di crine già
sovrapposti a quelli ottocenteschi in stucco, e nel 1975-76 verranno ripulite dalle molte ridipinture, ottenendo l’esito più felice nel riscoprire gran parte della
decorazione originaria della veste dell’Angelo.
Per quanto riguarda la parte pittorica della cappella non sono minori i problemi.
Il «Memoriale» della fine dei 72 non accenna agli affreschi. Ma poiché l’Elenco dell’Archivio d’Adda, ritenuto del 1574, sembra considerare la cappella
ormai finita, si è indotti a pensare che a quella data anche i dipinti fossero stati
eseguiti.
Nessuna guida però fino alla seconda metà del Settecento ne fa cenno, considerandoli evidentemente di scarsa importanza. Anche qui è solo nel 1777 che
viene fuori il nome di Giulio Cesare Luini nell’opera del Bartoli, e la notizia,
come di consueto è poi ripetuta quasi da tutti fino ad oggi. Dalla fine dell’Ottocento molti hanno aggiunto che i dipinti sono «in parte guasti e ricoperti da volgare pennello», segno evidente che lungo il secolo si era provveduto a ripassarli
in parte.
Ma era ancora vivo ed operante il Luini nel 1573? Troppo scarsi sono i dati
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