Santo ‘Sepolcro a spese dei fratelli don Giorgio d’Adda e Capitano don Girolamo Maria d’Adda “per conformarle al rimanente del portico che dalla cappella
del Lenzuolo (ossia di Gesù deposto nella Sindone fino al fine dell’Oratorio
nuovo del Santo Sepolcro, facevasi erigere dalla Ven. Fabrica con l’elemosine de
Benefattori”.
I personaggi elencati sono tutti appartenenti alle quattro o cinque famiglie
più importanti di Varallo e di Borgosesia, desiderosi di spiccare, di poter salire di
rango, di distinguersi ufficialmente nella società locale, aspirando di poter prima
o poi ottenere un qualche titolo nobiliare. A parte stanno i fratelli d’Adda, i
cui avi, eredi degli Scarognini, furono i massimi mecenati del Sacro Monte. La
loro famiglia aveva già ottenuto il titolo marchionale nel 1682, ma le rimaneva
l’ambizione di esibirlo anche visivamente in Varallo. Così, avendo ereditato il
patronato della cappella di San Francesco e del Santo Sepolcro, eretto da Milano Scarognini, Giorgio e Girolamo Maria, anche con lo scopo di mostrarlo
palesemente, nel far ricostruire (1703) le due arcate del portico antistante alle
due cappelle, vi fanno affrescare le armi delle due famiglie Scarognini e d’Adda
nella campata antistante la. cappella di San Francesco, ed in grandi dimensioni
quelle dei d’Adda con corona marchionale sulle volta dell’arcata antistante al
Santo Sepolcro. Per quanto riguarda gli Alberganti, originari di Cravagliana,
che a Varallo avevano raggiunto una posizione di alto prestigio, che vivevano da
gran signori nel loro palazzotto “casa da nobili”, con domestici, opere d’arte, arredi sontuosi, una ricca biblioteca, ecc..., l’aspirazione massima era l’ottenere il
riconoscimento sovrano del loro status con un titolo nobiliare. Il mecenatismo
per il nuovo oratorio (compresa la balaustra marmorea)deve mirare, oltre all’indubbia devozione, anche al fine di raggiungere questo traguardo. Ma invano.
Qualcosa di analogo avviene per i Rachetti che abitano signorilmente nel loro
palazzotto, ora sede della Biblioteca Civica varallese. Giovanni Battista ottiene
il titolo ad personam di conte palatino, ma non le patenti di nobiltà per la famiglia. A lui ed al fratello si associa tra i benefattori anche la cognata Lucrezia, della
famiglia Castellani di Borgosesia, ormai da alcuni anni feudatari, di Solarolo
nel Novarese. Me anche i Rachetti non acquistando un feudo, rimangono nella
posizione di membri dell’aristocrazia locale, di un patriziato di fatto, senza però
un riconoscimento ufficiale.
Diversa la situazione dei borgosesiani Giovanni e Giuseppe Castellani, imparentati due volte per parte femminile con i Rachetti di Varallo. Giovanni è dal
1686 signore di Solarolo, ha quindi compiuto un salto nella scala sociale. Ma la
sua aspirazione è ancor più ambiziosa, è quella di raggiungere il titolo comitale,
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