allievi, l’unità corale dell’opera, il clima straordinariamente suggestivo, il calore
umano umile e schietto dei protagonisti creano una così rara potenza emotiva
ed evocativa da non far dubitare della sua unitaria paternità gaudenziana.
Quando dunque il maestro scolpiva il bue e l’asino, esemplari veramente unici
in tutto il Cinquecento italiano, già aveva eseguito in legno e stoffa le due statue
dell’Annunciazione, quella della Maddalena presso il Santo Sepolcro e molto probabilmente varie altre tra cui il Cristo deposto nel Sepolcro, e forse, come sua primissima prova sul Sacro Monte stesso, quelle tanto suggestive dell’Ultima Cena.
Non è poi concepibile che le due figure del bue e dell’asino potessero rimanere
sole per lungo tempo nella Grotta; bisogna quindi ritenere che l’esecuzione delle altre statue dell’Adorazione dei Pastori sia avvenuta non molto dopo.
Per questo è logico pensare che esse siano le prime prove di Gaudenzio plasticatore, le sue prime opere in terracotta, e perciò di poco successive alla data della
più antica guida del Sacro Monte (1514), e con ogni probabilità anteriori allo
stesso gruppo della Nascita, pur esso non ancora esistente nel marzo del 14, sebbene il Mallè abbia creduto di poter datare la Madonna non oltre il 1505 ed il
gruppo degli Angioletti attorno al 10, posticipando fino al 17-18 le altre figure.
Uno spostamento ancor più avanti, addirittura tra il 20 ed il 26 è stato operato
dal Testori che ha scritto le pagine più belle che mai siano state dedicate a questa
cappella, mentre il Viale più moderatamente circoscrive l’esecuzione tra il 1514
ed il 17.
La datazione più certa dunque mi pare quella del 1513 circa per i due animali e
del 1514-15, e però dopo per tutte le altre figure. Anche la naturalezza la spontaneità ingenua, la modellazione semplice, quasi elementare, ma tanto efficace, per
grandi masse delicatamente tornite, fanno appunto pensare ad una data piuttosto precoce, prima che le forme si facciano più ricche, elaborate, complesse e ridondanti nei ritmi delle pieghe quasi ammatassate dei panneggi. Tutto qui è dominato da un incanto, da una sincerità struggente e palpitante di gesti commossi,
colti dal vivo, di sguardi attoniti di fronte al compiersi di un grande mistero.
È qui l’anima di tutta l’umile gente valsesiana; sono i pastori appena scesi dagli
alpeggi attorno a Varallo con le loro povere cose, con le loro umili vesti lanose che
qui si rivelano in tutta la loro più schietta umanità nel rivivere l’intima gioia del
Presepe.
Né meno trepida e palpitante nel suo gesto improvviso è la figura della Madonna, che, come si è detto, il Mallè aveva creduto di poter datare addirittura
non oltre il 1505 non accorgendosi che non era ancora ricordata nella guida del
1514.
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Cappella - 7