Storia del Sacro Monte di Varallo | 页面 657

nell’introduzione in prosa le elencano tra le opere realizzate da Gaudenzio sul Sacro Monte, così come ripeteranno le successive guide cinquecentesche. L’attribuzione viene ripresa nel Seicento dal Fassola che afferma: “Le statue sono di Gaudenzio, benché di legno, e venerabili per le sue qualità”. Le seguono il Torrotti e successivamente altri compilatori di guide, prontuari, repertori per ben visitare la Nuova Gerusalemme del Settecento e del primo Ottocento, non però il Bordiga nel 1830. Il Cusa si limita a riportare la notizia data dal Fassola ed in nota avanza l’ipotesi che la statua possa esser stata disegnata da Gaudenzio e scolpita dall’autore del gruppo della Pietra dell’unzione, ipotesi ricopiata pochi decenni dopo dal Colombo nella sua vita di Gaudenzio Ferrari. Nel primo Novecento il Galloni ricorda appena la statua senza preoccuparsi di chi ne possa esser stato l’autore. Quando me ne interessai nel 1977 non era ancora stata fatta oggetto di studio. Notavo allora per la prima volta che la testa (d’un realismo esasperato per la bocca semiaperta dopo aver esalato l’estremo sospiro, e per gli occhi socchiusi nella fissità della morte) era assai sollevata rispetto al busto, tanto da farmi supporre che in epoca imprecisata (ma probabilmente quando venne eretto il nuovo oratorio retrostante al loculo, negli anni 1700-1703) fosse stata sostituita. Allora mi fu solo possibile notare, osservando al di là del vetro dell’urna, nella parte visibile della schiena, appena dietro alle spalle, i resti scolpiti delle ciocche terminali delle lunghe chiome originarie, modellate con andamento lievemente ondulato, in gran parte nascoste dalla successiva capigliatura realistica successivamente sovrapposta. Confronto con la Pietra dell’Unzione Dal confronto con le statue della Pietra dell’unzione ne dedussi che notevole era il divario nel trattamento dei capelli, più flessuoso e morbido, tanto da rilevare un autore di sensibilità assai diversa e di una cultura più aggiornata. Notavo allora la monumentalità possente, la muscolatura atletica della cassa toracica, la resa più sobria delle braccia incrociate, che tuttavia non pesavano inerti sul petto, ma rimanevano lievemente sospese un pò al di sopra nella rigidità cadaverica, derivante dalla loro posizione al momento del trapasso sul legno della croce. Osservavo inoltre lo stesso irrigidimento delle membra nella posa del piede destro rimasto ripiegato in parte sul sinistro dopo lo schiodamento, con le dita contratte per il dolore ed irrigidite. Mi chiedevo allora se poteva essere di Gaudenzio questo corpo monumentale, veramente “ alto e divino” come recita la guida del 1514. Escludendo un’esecuzione coeva a quella del gruppo dell’Unzione e del Cristo, già sulla fontana della 657