Nel 1857 il Cusa, più prudentemente si limita a riferire a proposito delle tre
sculture, che “il Fassola le disse del Ferrari”, ma aggiunge che “gli angioletti e l’Angelo della cella vicina scomparvero”. Dunque i due angioletti ancor citati dal Bordiga nel 1830 e dalla guida del 1843 (quest’ultima probabilmente solo ricopiando
la notizia e non controllando de visu), vennero eliminati tra il 1830 ed il 57.
La situazione non muta nei decenni successivi e nella prima metà del Novecento, fino a quando nel 1945-46 si ritenne di non poter procrastinare a risolvere soprattutto il problema di accesso ed uscita dei pellegrini dalla cella funeraria attraverso l’unico, basso e scomodissimo passaggio, al fine di eliminare
inevitabili ingorghi. La soluzione, forse l’unica possibile senza snaturare il sacro
e storico ambiente, fedele riproduzione di quello di Gerusalemme, fu di aprire
sulla parete di fondo, un varco con porta mascherata dalla stessa decorazione
parietale dell’aula, per far defluire i pellegrini in un vano retrostante e da lì farli
scendere nell’attiguo oratorio del Santo Sepolcro attraverso la porta situata alla
destra dell’altare dell’oratorio stesso. Si creava così un percorso a senso unico.
In tale occasione si rinnovava l’antico pavimento originario in pietra, sostituito
da lastrine di marmi di due colori, come nell’anticamera. La decorazione delle
pareti e della volta, che doveva imitare le rocce di una grotta, come si vede nell’illustrazione dell’interno del sepolcro nel volume del Cusa, venne sostituita dai
fratelli Bacchetta da motivi decorativi e dalla figura di un Cristo risorto sul lato
lungo, rievocante quello magnificato dalla guida del 1514. Nell’occasione venne
anche realizzata il nuovo rivestimento marmoreo del loculo, con cornice pure di
marmo in sostituzione di quella lignea, quasi certamente ottocentesca.
Le tre statue lignee
Delle tre antiche statue lignee situate nella cella sepolcrale, già ricordate nella
guida del 1514, solo quella del Cristo deposto, è giunta sino a noi. In quattro
versi è sintetizzata tutta l’ammirazione per questa immagine scultorea, sia per
l’intenso coinvolgimento spirituale ed emotivo che suscita verso le sofferenze ed
il sacrificio del Redentore, sia per l’alta, austera qualità estetica:
“Col corpo di Jesu alto e divino
Morte qua giaze come po mirarse
sopra il Sepolcro di rileve e pincto
Qua per mirar ognun a pianto vinto”.
Le successive guide del 1566 e 1570 nella descrizione in versi, come si è visto,
si limitano ed una osservazione essenziale sul Cristo “Sculto e ben fatto”, ma
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Cappella - 43