presenti sul Sacro Monte alla sua epoca. La prima, quella di Gaudenzio nella
cappella di San Francesco, affrescata su una delle brevi pareti laterali, forse già
in condizioni non buone all’epoca del d’Enrico, cancellata all’inizio del settecento e di cui non esiste alcuna riproduzione, ma che forse poteva ancora essere
un punto di riferimento utile; l’altra, già nella cinquecentesca residenza dei frati
(ora dei padri Oblati), di cui rimane una testimonianza fotografica non eccezionale.
Il Caimi vi appare di fianco al Sacro Monte, che indica con il braccio sinistro.
La sua figura è quella di un frate anziano, magro, con i capelli sulle tempia e la
barba bianchissimi, risalente forse agli anni Quaranta-Cinquanta del Cinquecento, purtroppo a ndato inconsultamente distrutto verso gli anni Trenta nel
Novecento; risulta infatti ancora esistente nel 1928. Nulla a che fare però con
l’umile fraticello, mite e di mezza età, dall’aspetto popolare, quasi contadino,
ideato dal d’Enrico. Ma il fascino che emana quest’immagine dimessa di religioso tutto incentrato sul suo Sacro Monte ha fatto testo. È stata immediatamente
percepita, è stata ripresa in varie tele varallesi, ripetuta in quasi tutte le guide,
trattati, repertori per ben visitare la Nuova Gerusalemme in incisioni, xilografie,
litografie, con esecuzioni più o meno corrette, eleganti o ingenue, più o meno
raffinate o popolaresche. È diventata l’icona per eccellenza, l’immagine, la raffigurazione esemplare, classica del Caimi; quella che ha fatto testo, che ha sfidato
i secoli. Certo più aulica, più monumentale, più impressionante è l’imponente
statua in rame che accoglie il pellegrino subito dopo l’ingresso dell’Alessi al Sacro Monte, alla quale fa riscontro quella di Gaudenzio. Ma forse proprio per la
sua solennità, per il gesto oratorio ed un pò retorico, d’effetto, non ha saputo
cogliere l’afflato poetico, il tono, il clima umanissimo che emana la terracotta
così calda e palpitante di Giovanni d’Enrico. È stato un gesto di grande sensibilità e di alto valore culturale da parte dell’Inner Wheel Valsesia l’aver voluto
finanziare i restauri di quest’opera così ricca di fascino inaugurati nel maggio
2010, che grazie al lavoro attento ed appassionato di Fermo De Dominici ha
ridato freschezza e trasparenza all’immagine quasi sconosciuta e dimenticata
nell’“angolo delle memorie” della Nuova Gerusalemme, come diceva nel Seicento il vescovo Volpi. Rimane solo più da ricollocare la delicata e fragile anta
di antichi vetri, forse risalente al primo Seicento, a protezione della nicchia per
riparare la delicata statua dalla polvere e da eventuali vandalismi, per ricreare
con rigore la suggestiva atmosfera di un tempo.
Il frammento di roccia proveniente dal Sepolcro di Gesù a Gerusalemme
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