in terracotta policroma del Caimi. Il primo, spontaneo interrogativo è di chiedersi perché sia stata collocata in quel luogo, quasi appartato, non in un altro
più prestigioso, di maggior effetto, di più sicuro e diretto richiamo. La risposta
è logica ed immediata. La statua viene eretta volutamente li perché viene a trovarsi addossata all’originario complesso del Santo Sepolcro, punto iniziale di
tutto il futuro Sacro Monte, sul muro stesso della “fabrica sibi contigua”, citata
già nella lapide del 1491, umile edificio che fu appunto la residenza del Caimi
negli ultimi suoi anni ed in cui molto probabilmente spirò. Già il Fassola a poco
più di trent’anni dalla collocazione della scultura sotto il portico, ci fornisce le
notizie fondamentali: ”Il Senator Caimo nobile discendente della famiglia del
Beato Padre Bernardino lasciò, che si facesse una Nicchia con la Statua del Beato Padre, per la qual cosa li Fabriceri si mossero a trattarne l’anno del trent’otto, anche di tener più in venerazione le Celle habitate da questo Padre sopra il
Sacro Sepolcro”.
Poco dopo il Torrotti si limiterà a citare genericamente il senatore Caimi tra
i benefattori. Sarà però molto più avanti nel tempo, che nella guida del 1829 si
nominerà l’autore della statua “lavorata da Giovanni d’Enrico”. Affermazione
tarda, ma tutt’altro che infondata, riferita come un qualcosa di sicuro, di ovvio,
di scontato. Ed infatti finora nessuno studioso ha mai avanzato qualche dubbio,
qualche perplessità in proposito. Nel 1638 Giovanni d’Enrico è ancora operante, sebbene sia giunto quasi alla conclusione della sua intensa attività, coadiuvato ormai dall’allievo e collaboratore Giacomo Ferro e dai fratelli del Ferro.
Il d’Enrico sta per trarre le somme di tutto quanto aveva realizzato sul Sacro
Monte, come risulterà dalla liquidazione del 12 maggio 1640 con l’elenco dei
tanti gruppi scultorei ancora da pagargli da parte dei fabbriceri. È evidente che
nell’elenco non figuri la statua del Caimi, perchè non commissionata dai fabbriceri, ma da un privato, il senator Caimi. Ed appare anche logico e convincente
che l’opera sia stata modellata alla fine, alla conclusione dell’indefessa attività
del grande plasticatore sul Monte, libero ormai dal dover creare affollati e tumultuanti gruppi drammatici di figure, per potersi dedicare con maggior calma
ad ideare personaggi singoli e poter accettare alcune commissioni provenienti
dall’esterno. L’espressione usata dal Fassola, che per l’esecuzione della statua “li
Fabriceri si mossero a trattarne l’anno del trent ‘otto”, fa chiaramente ritenere
che abbiano usato un ordine di precedenza, esigendo dallo scultore che prima
eseguisse o terminasse i gruppi statuari, per poi dargli via libera per modellare la
statua del fondatore.
L’assegnazione tradizionale e indiscussa al d’Enrico, mi pare poi pienamen633