guglia a forma di cono, dalla struttura inusitata, affascinante trasposizione in
architettura di fantasiose creazioni pittoriche che richiamano pittoreschi copricapi di fate e di personaggi che compaiono sugli sfondi della cavalcata dei Magi e
della cappella del Calvario. Nel suo interno pende una stella dorata, che secondo
l’ingenuo Fassola capovolgendo i fatti, avrebbe determinato l’esigenza di aprire
il lucernario per potervi essere contenuta.
Anche la finestrella in cima alla scaletta di sinistra penso sia stata aperta nello
stesso momento e con lo stesso scopo della lanterna.
Per proteggere poi il gruppo dell’Adorazione dei pastori, collocato nel piccolo vano di destra (a Betlemme sacro ai Re Magi) venne costruito un parapettino
da una colonna all’altra. Cento anni dopo, nel 1614, proprio per dare accesso
diretto alla grotta senza attraversare la gaudenziana cappella dei Magi, che aveva occupato lo spazio antistante alla porta aperta verso nord, per incarico del
fabbricere Gerolamo d’Adda, viene costruito dal capomastro Viana di Campertogno, l’androne che fiancheggia sul lato occidentale quella cappella e si apre
così al fondo di essa l’attuale porta d’ingresso alla Cappella della Natività: una
nuova ferita, dunque, nella sua parete sinistra.
In tempi più recenti infine, per impedire l’accesso alla parte più nascosta della cappella, quella occidentale, viene posta una cancellata che purtroppo interrompe l’unità spaziale dell’ambiente.
A differenziare infine la grotta varallese da quella di Betlemme c’è poi la presenza del gruppo scultoreo già ricordato come opera di Gaudenzio dalle guide
del 1566 e 1570 e poi sempre riconosciutegli da un’ininterrotta tradizione accolta da tutta la critica più recente per il suo inconfondibile palpitare di dolcissimi affetti e per la sua commossa liricità.
Il soggetto tanto caro all’animo di Gaudenzio che molte volte l’ha raffigurato in pittura, sempre con altissimi accenti di devoto e trasfigurante raccoglimento interiore, raggiunge qui la sua più alta espressione nella spoglia umiltà
della grotta, nell’armoniosissimo convergere adorante nell’angusto spazio della
nicchia della Madonna e di S. Giuseppe avvolti nei ridondanti ritmi ammatassati e curvilinei dei loro panneggi verso il Bambino purtroppo rubato nel 1852
e sostituito ben presto da una copia in legno dello scultore Giovanni Longhetti
su modello di Giuseppe Antonini.
L’esecuzione del gruppo secondo il Mallè dovrebbe collocarsi attorno al
1512-13, ma non essendo ancora ricordato nella guida del 1514, bisogna ritenere che sia di qualche tempo posteriore e quindi databile non prima del 1515,
quindi attorno al 1516-16, cioè venti anni almeno dopo l’erezione della grotta
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