pare logico, che la raffigurazione del Cristo portato al Sepolcro sia stata dipinta
da Gaudenzio contemporaneamente agli affreschi di quell’oratorio ed alla pala
sovrastante l’altare, con le Stigmate di San Francesco, ora nella pinacoteca di Varallo, che negli studi più recenti, seguiti agli ultimi restauri, dopo tante ipotesi di
datazioni diverse ed anche attribuzioni al Lanino, viene ritenuta del 1517, quindi poco prima della grande impresa della Crocifissione. La disposizione infatti di
far dipingere la cappella era inclusa nel testamento di Emiliano Scarognini, stilato il 20 luglio 1515. Il supporre tutta l’impresa attuata in due tempi, per quanto
possibile, appare però più macchinoso, meno pratico e meno convincente.
L’affresco del Trasporto, se eseguito, come penso, attorno al 17 con gli altri,
avrebbe potuto venir oltraggiato poco dopo, nell’ottobre del 1518 nella scorribanda fatta dagli uomini dell’alta valle contro i Varallesi “in devastando picturas, effigies et imagines ...destruendo fontem in medio ipsius montis..,”. In tal
caso lo stesso Gaudenzio avrebbe potuto provvedere abbastanza sollecitamente
a dei ritocchi.
Dopo l’eliminazione dell’affresco attorno al 1703, le successive guide del
Sacro Monte non lo ricordano più. Anche il Bordiga nel 1830, pur ristampando
l’ottava della guida cinquecentesca del Sesalli, in cui è descritta la scena di Gesù
portato al sepolcro, non vi fa più cenno. Così pure il Cusa ricorda che il Fassola
aveva citato un Cristo portato a seppellire, ma non aggiunge altro. Sarà solo nel
1914 il Galloni a rimpiangere la scomparsa di quel dipinto, iconograficamente
unico, isolato come soggetto in tutta la produzione di Gaudenzio “senz’altro
compenso che una insignificante decorazione di Francesco Leva”. In seguito lo
ricorderà anche il Romerio, ma si tratta sempre e solo di citazioni erudite. Nulla per altro si può aggiungere mancando qualsiasi riferimento iconografico al
riguardo, nessuno schizzo, nessuna descrizione dell’opera, salvo i versi sinceramente encomiastici del Sesalli e le parole del Bascapè.
Né ci si può fare un’idea sicura della scena basandosi sulle opere del Lanino
o di altri allievi e seguaci di Gaudenzio per la quasi totale mancanza di soggetti
affini ed accostabili. Non penso infatti ne possa aver tratto spunto la tavoletta
così semplice, così essenziale con i Funerali della Vergine del Lanino nella predella della pala di San Sebastiano a Biella del 1543, rivolta per di più in direzione
opposta, da destra a sinistra, mentre il dipinto di Gaudenzio doveva ovviamente seguire l’andamento delle varie tappe della Passione, passando dalla cappella
della Sindone a quella del Sepolcro, muovendosi cioè da sinistra verso destra.
Forse, ma è una pura ipotesi, potrebbe presentare qualche richiamo, una qualche idea, la tumultuante, drammatica Sepoltura di San Giovanni Battista, sem604
Cappella - 42