Ne risulta quindi che la realizzazione dell’intera cappella, dal contratto per
erigere le strutture murarie (31 ottobre 1633) al completamento degli affreschi,
richiese circa un decennio, o più esattamente nove anni e mezzo.
L’impostazione generale del ciclo pittorico rientra negli schemi ormai consueti adeguandosi ai dettami vescovili già emanati dal Bascapè, che avevano fatto testo per il Morazzone, il Tanzio, il Rocca e lo stesso Gherardini nell’Inchiodazione.
Anche qui, sotto un cielo tumultuante di nubi e di angeli, si stendono a
mezz’aria sulle tre pareti i grandi riquadri con soggetti tratti dall’Antico Testamento, raffiguranti, a sinistra Caino maledetto da Dio, al centro Aronne benedice
il popolo, a destra Mosè con le tavole della legge.
Anche qui il pittore si esprime nella maniera grande, cercando di non sfigurare rispetto ai maestri di altissimo livello che l’avevano preceduto. Gioca quindi sulla ricerca di un effetto spettacolare, drammatico e patetico. Densissimo
è sull’alto il tumultuare di nuvoloni e figure di angeli che sciorinano in ogni
direzione dei lunghi filatteri con iscrizioni, a formare quasi una cappa incombente sulla sottostante scena. Né meno fitta e movimentata è la corona di angeli
che si addensa a formar cornice per reggere e inquadrare i tre ampi riquadri, o
finti arazzi biblici, che viene ad occupare sostanzialmente tutta la zona superiore
delle tre pareti.
Al di sotto la solita, animatissima siepe umana di armigeri a cavallo dai fastosi
costumi, di drappi e stendardi svolazzanti, della folla agitata, curiosa, vociante,
per imprimere all’insieme un’intensa tensione drammatica. Sullo sfondo però,
dietro le tre croci, la scena si apre, si stempera in una visione più ariosa, di più
ampio respiro con la veduta di una pittoresca Gerusalemme, colta di sbieco, con
torrioni e mura in parte diroccate.
In primo piano, sulle due pareti laterali, quasi a voler rendere più interessante
tutto il ciclo, più di un personaggio rivela un volto fortemente caratterizzato,
tanto da poter riconoscere in essi veri e propri ritratti, tra i quali sicuri sono
quello del suocero e maestro Cerano, che riprende un’incisione precedente dello stesso Gherardini, ed il proprio autoritratto. Secondo la guida del 1995 il
pittore avrebbe invece ritratto sulla parete destra se stesso e gli scultori della
cappella, cioè Giovanni D’Enrico e Giacomo Ferro.
L’insieme del ciclo pittorico conferma i caratteri già osservati nell’Inchiodazione, una continuità di tono prettamente narrativo, senza un vero slancio, ma il
timbro cromatico appare un po’ più spento e monotono, meno vivo e squillante
che nel complesso del ciclo precedente, creando un’atmosfera più stanca e ripe566
Cappella - 39