gesto, verrà sempre messa in evidenza come il particolare più significativo e degno di attenzione e di ammirazione di tutta la scena figurata.
Già il Cusa nel 1857 ne riprende la notizia aggiungendo: “ Lo si dice il ritratto di un Rimellese benefattore della cappella”. La fantasia galoppa, le notizie si
ampliano: non solo più benefattore, ora anche rimellese! Non si dimentichi che
il Cusa era appunto di Rimella.
Nell’ultimo decennio dell’Ottocento l’argomento viene af frontato dal Butler. Colpito dalla naturalezza dell’umile personaggio, colto dal vivo della vita
di tutti i giorni, vero, ideale ritratto, anzi, personificazione, simbolo degli umili
valligiani, egli denigra tutte le altre figure del mistero, giudicandole non del migliore D’Enrico. Giunge a dire che la statua del vecchietto è forse “con ragione
considerata come la più bella di quante esistono al Sacro Monte”.
Con questa premessa il Butler, col suo solito entusiasmo per le opere del Tabacchetti, crede di potergliela assegnare, supponendo senza alcun valido appiglio
che essa provenga dall’abbattuta Chiesa vecchia, ove avrebbe dovuto volgere lo
sguardo verso la Madonna Assunta. Ne deriva che a ragione doveva trattarsi di
un benefattore, ovviamente non della cappella della Deposizione. Aggiunge poi
altre supposizioni nel tentativo di suffragare la sua tesi.
All’inizio del Novecento, e precisamente nel 1913, il Romerio si limita a riferire la tesi del Butler come un dato risaputo.
Sarà il Galloni l’anno dopo a dimostrare con ampiezza di elementi la totale
mancanza di fondamento per le ipotesi dello scrittore inglese, basandosi anzitutto sulla distinta delle opere del D’Enrico nel 1640, che cita sedici statue nella
cappella, così come sono ancora oggi, compreso quindi già anche il vecchietto.
Osserva inoltre che “la statua non è perfettamente finita se non nelle parti che
si possono esaminare guardando” dall’esterno. Ne consegue che venne eseguita
appositamente per quella collocazione.
Assai più tardi, nel 1960, Emilio Contini ritorna sull’argomento con alcune
aggiunte. Precisa che secondo la tradizione il vecchietto sarebbe il ritratto di un
pastore di Rimella, proprietario di un appezzamento di terreno sul Sacro Monte, ove portava il gregge. Evidente l’incongruenza di siffatta tradizione, non risultando dalla fondazione stessa del Sacro Monte in poi che qualche privato
fosse rimasto per un secolo e mezzo proprietario di un terreno super parietem.
Qualche documento ne avrebbe accennato, sarebbe certo sorto un contenzioso
con i fabbricieri o i frati, i vescovi nelle visite pastorali lo avrebbero evidenziato
come un elemento di grave disturbo nell’unità del complesso sacro. Il Contini
aggiunge però che nel 1871 don Mario Mortaretti in una lettera del 10 giugno,
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