fondità, ed anche la Cattura, realizzata utilizzando in parte statue precedenti
per lo più lignee. Qualcosa di analogo avviene per la Deposizione. Siamo ormai
negli anni tardi del D’Enrico, che singolarmente si trova già pronto un modello,
uno schema sia pur sommario della sacra scena.
Da più di vent’anni infatti la guida del 1611 presenta tra le xilografie di Gioacchino Teodorico Coriolano, ad illustrazione dei singoli misteri, anche quella
della Deposizione, ancor al di là da venire, con la sua impostazione necessariamente proiettata verso l’alto, le due scale a piuoli tra loro contrapposte, i personaggi che si destreggiano su vari piani attorno al perno centrale della croce.
È per altro l’iconografia più ovvia e quindi più diffusa, sia in raffigurazioni
ad altissimo livello, sia nelle più umili e popolaresche con il Cristo già schiodato
dalla croce e colto nella difficile operazione del calarlo a terra, momento di particolare impatto per i devoti riguardanti. Variano solo nelle varie raffigurazioni
il numero delle croci dei crocifissi, limitati a Gesù nelle più semplici, nelle più
grandiose e complesse comprendenti anche le croci dei due ladroni già deposti a
terra. La xilografia del Coriolano, pur complessa, nella sua essenzialità presenta
solo la croce di Gesù. Giovanni D’Enrico per un ambiente così importante, anzi
unico, come il complesso del Sacro Monte e per una scena così prossima e così
legata allo straordinario Calvario di Gaudenzio, deve senza esitazioni scegliere
l’impianto più completo e grandioso.
L’azione dunque ruota attorno al perno centrale della croce con i personaggi disposti a ferro di cavallo. I riguardanti sono portati quasi istintivamente ad
unirsi al gruppo trainante costituito dalle statue, soprattutto le statue in primo
piano, che formano l’ideale avanguardia della folla vera.
Una tensione unitaria lega i personaggi: quelli veri e quelli modellati dalla
fantasia creativa del D’Enrico. Tutti gli sguardi sono protesi verso l’alto, captati
dal lento, sacro calare del corpo di Cristo, entro uno schema compositivo perfettamente piramidale.
Stupisce che non sia mai stato messo in evidenza il coraggio, l’arditezza di
situare tre statue di terracotta (Gesù, Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo) in posizioni tanto delicate e instabili, certo le più temerarie di tutto il Sacro Monte.
Ma Giovanni D’Enrico non cessa di sorprendere neppure negli anni più tardi.
La datazione
La datazione di questa impresa scultorea non crea dei particolari problemi.
Erette le strutture murarie della cappella tra il 1633 e il 1635 ed avendo datato
tra il 35 e il 37 le statue dell’Inchiodazione, ritengo che quelle della Deposizione
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