con i due negretti di scorta, che formano il gruppo più originale e pieno di spontaneità, il re più a destra, colto nell’atto tanto caro a Gaudenzio di scoprirsi il
capo dal turbante, ricorrenti in tutte le sue Adorazioni dei Magi, e forse anche il
Mago di centro dal gesto cosí calmo e dolce, il soldato con la lancia ed il cavallo
dell’estrema sinistra che balza avanti vivacissimo e quasi nitrente.
Ne poi si può negare a Gaudenzio la creazione degli stupendi costumi, fantasiosi nelle fogge e ricchissimi nelle decorazioni sempre nuove e varie delle stoffe,
con cui si accordano mirabilmente gli ornamenti preziosi e raffinatissimi, come
le stesse corone, anche se rifatte, ma forse con elementi originali, nel 1628 a seguito di una visita pastorale, e che meriterebbero un acuto studio.
Fa coro e da fondale l’arios issimo scenario ad affresco.
All’estrema sinistra, proprio presso all’antica porta d’ingresso si accalca ed urge
serrato, tumultuante ed incalzante il lunghissimo ed affollato corteo dei Magi,
fondendosi quasi con i pellegrini veri che entravano nella cappella dalla porta ora
murata. E non stupisce trovare tra tanti personaggi dalle più varie fogge dalle più
diverse età, tra tanti volti dalle espressioni intense anche quello di Gaudenzio.
È tutta una folla vivacissima che va via via dilatandosi a mano a mano che
avanza lungo la parete; è come un’onda umana che si espande; i gruppi si fanno
più distesi, meno accalcati, con un senso di più ampio respiro entro un calmo
ed arioso anfiteatro naturale in cui va prevalendo l’elemento paesistico dalle
note sempre più liriche, pervaso da un intenso tono elegiaco, con cieli, alberi,
boschi, rocce e dirupi, quasi un estremo e commosso canto di addio del pittore
alle bellezze naturali della sua terra prima di abbandonarle definitivamente per
scendere a Vercelli.
Si vedano pure in modo particolare i dolcissimi brani poetici, colti con intima, vivacissima sensibilità arcadica dal mondo agreste della valle del giovinetto
che appoggiato ad un albero suona dolcemente il flauto mentre un cagnolino
gioca con lui, poco più oltre del gruppo dei due viandanti che si riparano all’ombra fresca di un grande albero, ed infine dell’altro giovinetto che sdraiato su di
una roccia beve avidamente nella sua borraccia; brani tutti che costituiscono un
raro ed imprevisto aspetto della poetica gaudenziana.
Purtroppo col passar del tempo questi affreschi sono in parte deperiti ed hanno richiesto ripetutamente degli interventi conservativi, tra cui il più noto fu
quello del 1871 con i procedimenti dell’abate Malvezzi allora di moda.
Le sculture invece, anch’esse assai deteriorate, vennero sottoposte ad accurato restauro nel 1969. •
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Cappella - 5