Certo l’effetto doveva riuscire straordinariamente suggestivo passando accanto al sontuoso corteo dei Magi a distanza ravvicinata, che obbligava ad una
più intensa partecipazione all’avvenimento sacro a contatto quasi diretto di quei
favolosi personaggi orientali. Ma purtroppo, come si è detto, molto venne compromesso con l’erezione dell’atrio nel 1614 e l’apertura del grande finestrone.
Il gruppo scultoreo costituito da sole dieci statue, che originariamente per la
felice e quasi naturale disposizione di ognuna di esse era sufficiente, in unione
col coro delle figure dipinte ad ottenere un grande effetto di ricco ed affollato
corteo, risulta purtroppo sminuito.
Le poche statue erano distribuite in modo sapiente sia per non risultare isolate
tra loro e popolare efficacemente lo spazio, sia per essere osservate in successione
da sinistra a destra. Ora, invece, colte subito in un unico colpo d’occhio, paiono
inspiegabilmente confinate contro la parete di fondo, e di conseguenza si nota
più facilmente una certa disuguaglianza di altezza esecutiva tra alcune di esse.
È probabile infatti che vi sia stato un certo intervento di allievi accanto a
Gaudenzio. È stato per primo il Bordiga (1830) a fare il nome di Fermo Stella
per la modellazione dei cavalli, pur mancando di qualsiasi supporto documentario e pur essendo conosciuto lo Stella solo come pittore.
L’attribuzione come di consueto, è stata ampiamente ripresa fino ad oggi.
Il Colombo poi (1881) avanzò il nome dei figlio di Gaudenzio, Gerolamo, ed
immaginò addirittura che in seguito alla morte di quest’ultimo, avvenuta secondo lui nel 1539, Gaudenzio si fosse allontanato da Varallo lasciando incompiuti
gli affreschi.
Ma si è visto che la datazione della cappella deve porsi tra il 1525 ed il 28; il
Colombo poi non conosceva i molti documenti degli anni 1537, 38, 39, 40, che
dimostrano la costante presenza di Gaudenzio a Milano e non a Varallo in quegli anni. Non si può invece dimenticare che ad iniziare dal 1521 fino al 27 era a
bottega presso Gaudenzio a Varallo, Giuseppe Giovenone (il vecchio), fratello
di Gerolamo Giovenone, che quindi molto più verosimilmente dello Stella (attivo invece a Morbegno proprio nel 26 ed a Teglio in Valtellina nel 28) può aver
prestato la sua opera di allievo ed aiuto.
Ciò non impedisce che l’insieme sia sorretto da un’organica concatenazione,
da invenzioni geniali e dalla consueta efficace istintività e forza mimica che legano tra loro le figure, potenziate fino a pochi anni or sono dalle barbe e dai capelli antichi, quasi certamente quelli originali delle “truccature” di Gaudenzio,
arruffati e mossi, che tanto brio e carica vitale contribuivano a dare alle figure.
Certo tra i brani più alti sicuramente autografi devono essere il Mago moro
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