Storia del Sacro Monte di Varallo | Page 530

dente, pittoresco effetto nel contesto di una scena così dolorosa, a rappresentare forse personaggi di altri paesi, di altre culture, di altre tradizioni, pur essi redenti dal sacrificio di Cristo, e quindi non solo oggetto di curiosità profana, ma di alto valore simbolico. E ciò mi pare confermato dall’emergere tra di esse della donna mora con i figlioletti ed un cagnolino ai suoi piedi, un pezzo unico, un esemplare superbo, che dovrebbe essere conosciuto come e più della schiava negra di Barbara di Brandeburgo affrescata nel lacunare della Camera degli sposi del Mantenga a Mantova. Capolavoro assoluto, arditissimo per il forte contrasto pittorico della sua “pelle di cioccolata”; è una presenza che deriva da un’altra mora che compare per la prima volta a Milano alla fine del Quattrocento nella Pietà del De Fondulis in S. Satiro e che avrà poi in seguito larga diffusione. Queste madri destano ben presto l’interesse dei pellegrini e vengono segnalate tra le più rappresentative figure della cappella nelle due guide del Sesalli che le definiscono “cingane”, cioè zingare. Le due guide infatti, compilate una quarantina d’anni dopo il completamento della scena sacra, contengono la prima testimonianza documentaria dell’autografia di Gaudenzio per quanto concerne in particolare la parte scultorea della cappella. Il Sesalli, autore, oltre che stampatore dei due testi, nell’edizione del 1566, nelle premesse in prosa, assegna a Gaudenzio “nel Calvario una Madonna, il Centurione, alcune cingane, i soldati che giocano le vesti et i ladroni di rilievo”. Nella successiva del 1570, come in una seconda edizione riveduta e corretta, antepone alla Madonna il Cristo in croce, non citato precedentemente, scrivendo “nel Calvario la figura di Gesù Cristo in croce, una Madonna, il Centurione, alcune cingane, i soldati ecc…”. Segue quindi il gruppo delle Marie e delle “cingane”; in primo piano, quasi al centro, ai piedi della croce del cattivo ladrone, il capannello dei soldati che si giocano la veste di Gesù. È di straordinaria arditezza creativa aver sistemato a terra lo scudo rovesciato su cui gettare i dadi, proprio al di sopra della spaccatura della roccia. Subito dopo avanza, anzi prorompe innanzi, quasi a travolgere la schiera dei pellegrini, il gran cavallo bardato del centurione. Qua e là, soprattutto in secondo piano, si scorgono vari altri personaggi: soldati, curiosi passanti, capi del popolo, anziani, come ci tramandano i vangeli. Ma non mancano anche, quasi