febbraio del 1851, prevedeva al piano terra un portico de sei arcate sorrette da
pilastri in facciata ed al primo piano una loggia, retta da colonne salvo alle due
estremità, rieccheggiando così la tradizione architettonica valsesiana. La realizzazione dell’opera risulta notevolmente modificata, con muratura piena al
piano terra e al di sopra una loggia contraddistinta da due arcate sorrette da
colonne nella parte centrale antistante alla cappella di Gesù in croce, affiancata
da due arcate minori, sorrette da pilastri, corrispondenti ai due lati di destra e di
sinistra del loggiato. Il tutto viene sormontato da un timpano a richiamare più
l’idea della facciata di una chiesa che quella di uno dei vari tempietti del Sacro
Monte, anche se si tratta del più importante, sia religiosamente che artisticamente. Il risultato è piuttosto freddo nel suo compassato carattere ancor legato
a moduli neoclassici. E la realizzazione di questa severa architettura accademica
viene a fasciare ancora di più l’originario edificio gaudenziano, determina dei
nuovi problemi.
La luce che fino a quel momento penetrava in modo diretto entro l’aula
dalle due aperture di facciata, ora vi giunge meno efficacemente solo attraverso la loggia anteposta, con notevole alterazione di visibilità della stupefacente
scena creata dal genio di Gaudenzio. Per di più, per ovviare in parte a questo
difetto e per creare un accesso più facile ai pellegrini, si sbarra il passaggio originario attraverso le due porticine laterali, che col loro piccolo varco creavano
un senso di sorpresa e di meraviglia eccezionali nei visitatori, posti improvvisamente di fronte allo spalancarsi di un vano dal respiro imprevedibile e
di straordinario effetto scenico e drammatico. Si aprono al loro posto le due
finestre di facciata, che diventano le nuove porte di ingresso e di uscita, ambedue sullo stesso lato e tra loro vicine. Cessa così lo sfilare lento dei pellegrini
attraverso tutta l’aula, e purtroppo si devono abbattere i due parapetti delle
finestre divenut