della Santa Casa di Loreto nella gola all’ingresso di Varallo , e la sorprendente,
elegantissima Fontana sulla spianata principale del Monte.
Con queste premesse certamente Milano Scarognini , morto nel 1515, o i due
fabbricieri Pietro Ravelli e Bernardo Baldi non avevano dovuto cercare un altro
architetto di prestigio fuori del Sacro Monte e della valle per realizzare l’opera
più impegnativa di tutto il complesso della Nuova Gerusalemme varallese.
Certo Gaudenzio si trova di fronte ad un’impresa tutt’altro che semplice.
Non si tratta più soltanto di circondare con un luminoso e svelto porticato un
tempietto come quello della Madonna di Loreto, né di creare una singolarissima
fontana con sorprendenti zampilli e col suo sovrastante padiglione metallico. Si
deve ora realizzare un monumento imponente, un’opera architettonica di notevoli dimensioni, di particolare impegno dal punto di vista tecnico-costruttivo,
conchiusa da una poderosa volta in muratura, un edificio ideato per contenere
in scultura e pittura la più drammatica ed impressionante raffigurazione della
vita del Redentore col suo supremo sacrificio sul Golgota : un’opera quindi che
richiede un’ampia area ed una vastissima superficie parietale ininterrotta per
sviluppare nel modo più esteso possibile tutto il fondale ad affresco dell’azione
scenica con la folla assiepata dei dolenti, dei giudei, dei soldati e dei curiosi a
completare e dilatare l’azione primaria dei gruppi statuari.
Ma nello stesso tempo bisogna dare luce abbondante, o almeno sufficiente a
tutto il vano. Di più, Gaudenzio deve pur tenere presente lo schema della Cappella del Calvario nella Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme, di cui è evidente che erano stati portati a Varallo dal Caimi i dati essenziali e la planimetria,
che ha recentemente intuito il Gentile. Compito tutt’altro che facile. Gaudenzio dunque, sull’alto della ru