convincente. Potrebbe trattarsi di una derivazione, di una copia antica, di una
esercitazione scolastica seicentesca di qualche giovane pittore locale in formazione, o forse dello stesso Cristoforo Martinolio di Roccapietra, detto il Rocca,
allievo ed aiuto a Varallo del Morazzone.
Così pure discussa è l’autografia di due studi di gruppi di cavalli e cavalieri,
appartenenti all’Ecole des Beaux-Arts a Parigi, un tempo ritenuti del Carpaccio,
posti poi giustamente da Roberto Longhi in relazione con la Salita al Calvario.
Tuttavia i due disegni, in parte attentamente rifiniti, in parte solo abbozzati,
più che opere autografe, geniali, create di getto dal maestro, potrebbero essere
esercitazioni tarde di giovani studenti valsesiani di pittura. I due fogli si riferiscono ai gruppi posti in alternanza con le statue di fondo del Tabacchetti, e precisamente il primo con quello dell’anziano condottiero rivestito di armatura, con
ampio turbante piumato, che campeggia proprio nel mezzo della parete centrale
della cappella, subito al di sotto del grande riquadro col Sacrificio di Abimelech.
Il secondo, di più difficile identificazione, potrebbe essere una variante del gruppo del giovane cavaliere volto all’indietro con gesto ardito a colloquiare con un
altro cavaliere sul lato sinistro.
Già negli anni Sessanta del Novecento, giustamente sia l’Arslan che la Brizio
avanzavano delle riserve sulla qualità dei due disegni.
Così pure due altri fogli con Gruppi di angioletti, conservati al Castello Sforzesco di Milano, attribuiti negli inventari al Morazzone e riferiti agli affreschi
varallesi della Salita al Calvario, sono da ritenersi derivazioni o copie. Ma anche
l’esistenza di derivazioni e di copie rivela la fama e l’alta considerazione.
Di interesse poi per la cultura artistica locale del primo Ottocento è il fatto che
nel 1821 il pittore Giovanni Battista Zalì di Boccioleto vincesse il primo premio
della Scuola di disegno di Varallo, diretta da Giovanni Avondo, con il grande
guazzo della volta della cappella, conservato nella Pinacoteca varallese.
Significativa la presenza di queste derivazioni e copie, perché rivela la fama e
l’alta considerazione di cui era circondato il ciclo morazzoniano della sua prima
esperienza pittorica sul Sacro Monte, tanto da essere ripetutamente preso come
modello e come esempio per studi ed esercitazioni per vari secoli, certamente
non solo da parie di giovani artisti locali.
Le grate e i restauri
Collocate le statue e completati gli affreschi del Morazzone nel 1606 ( a parte
i ritocchi compiuti attorno al 1616), si dovette provvedere a creare un’adeguata
separazione tra la scena figurata e lo spazio, o corridoio, riservato ai fedeli.
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Cappella - 36