cocemente, determinato dal numero dei doni da loro recati e successivamente
codificato da una variegata produzione di letteratura apocrifa che ha ampliato
le sobrie notizie fornite dall’evangelista. Anche i nomi con cui essi sono popolarmente conosciuti, Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, derivano da fonti non
canoniche.
Il Ferrari riesce a dar forma e colore a quella primizia dei popoli che i Magi da
sempre rappresentano nell’interpretazione ecclesiale: il moro, i paggi dalla pelle
scura e dalle fattezze orientali. La composizione dell’insieme appare però più
sobria se paragonata all’analoga scena realizzata dallo stesso artista sulla parete
delle Grazie circa un decennio prima, da cui è ripreso il particolare del servo che
si china per allacciare le calzature del suo sovrano. Anche qui lo spazio è dilatato
dalla perfetta fusione ed armonizzazione tra parti scultoree e scene pittoriche,
come ben esemplificato dal cavallo visibile sulla parete a sinistra le cui zampe
posteriori sono inserite nel muro, mentre il corpo rende forma protendendosi
nell’aula.
Sono ben visibili i doni recati: l’incenso nel calice del primo magio, l’oro nello scrigno del sovrano moro e la mirra nel vaso per unguenti sorretto da quello
in centro. Essi rappresenterebbero simbolicamente, secondo la tradizione, rispettivamente la divinità, la regalità, l’umanità del Bambino nato a Betlemme.
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Gruppo di Betlemme - Cappelle - 5-6-7