Il cornicione poi, elemento caratterizzante di grande evidenza, è totalmente
diverso: ad unghie e lunette quello della Strage, come sarà poi tanto consueto
anche con Giovanni d’Enrico, sia negli edifici della Piazza dei Tribunali, che
nel Palazzo di Pilato, che nelle due tarde cappelle affiancanti la Crocifissione,
mentre invece nella Salita al Calvario è molto più sobrio a semplici fasce orizzontali.
Infine le finestre, che contraddistinguono nettamente le due facciate, sono
tra loro del tutto diverse: a lunetta aperta quella della Strage, come avverrà poi in
molte facciate di chiesette valsesiane; di forma ellittica, ad “occhio di bue”, per
nulla consueta in Valsesia, quella della Salita al Calvario.
Mi viene quindi da supporre, anzi, da conchiudere, che, ripresi i lavori dopo
alcuni anni con nuovo intendimento per ospitare un diverso mistero, si sia pensato di rivedere e modificare il progetto iniziale. Ma proprio in quel periodo
Enrico d’Enrico è lontano dal Sacro Monte, molto probabilmente, come si è
detto, a Masserano.
È invece presente ed operante sulla Nuova Gerusalemme varallese il pittore
Domenico Alfano di Perugia, figura per altro ancora tutta da studiare per poterne individuare e mettere a fuoco la personalità ed il peso avuto nella prosecuzione e realizzazione dei lavori nel primo decennio di episcopato del Bascapè.
Di lui si hanno notizie dal 1593 al 1603, e la sua attività non è volta solo al
campo pittorico, ma anche a quello architettonico, come nel 1599 con l’incarico del Vescovo di compilare un disegno generale del Sacro Monte secondo
le direttive da lui date nella sua visita del 3 Ottobre, e poi ancora il 29 Maggio
1602 di soprelevare la parte anteriore della Chiesa Vecchia per potervi collocare l’organo.
Mi pare logico quindi poter ritenere che proprio secondo un nuovo disegno
dell’Alfano si sia proseguita e completata la struttura architettonica della Salita
al Calvario entro il ‘96, perché, come già detto, il 25 Gennaio 1597 monsignor
Bascapè invia ai fabbricieri la descrizione della parte figurativa da eseguire entro
la cappella.
Come esito finale la struttura architettonica non si rivela come il risultato di
due fasi, di due momenti successivi, ma si presenta perfettamente unitaria e coerente. Il suo volume parallelepipedo, sodo e compatto, appare come uno scrigno
severo, sobrio, di misurata eleganza nella sua essenzialità per le cornici in pietra
delle porte, per le semplici lesene d’angolo che riquadrano le pareti e per il lineare cornicione di coronamento; il tutto ravvivato dal lanternino svettante sul
grigio tetto a padiglione ricoperto di piode.
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