STILELIB(e)RO Racconti di periferia | Page 77

– Ma... – Sì, sono Matteo. Sono contento che ti ricordi di me... anche se non capisco perché al citofono mi hai chiamato Roberto. Sarà stato un lapsus, sai, quando siamo soprappensiero non siamo proprio in noi e siamo molto labili. Pensa che molti casi polizieschi... Era il suo investitore: il fiume verbale che le riversò addosso, fece diradare il torpore che preludeva alla tranquilla notte di sonno che Laura si aspettava e che aveva progettato rinunciando alla serata in compagnia. Ovviamente, era perfettamente inutile dire a quella macchina sputa parole che il 'Ma' pronunciato alla sua vista, era una congiunzione di sorpresa causata dalla sua inaspettata presenza, e non il 'Ma' come contrazione del nome Matteo! Tra l'altro non ricordava assolutamente che si chiamasse così. Non le restò altro che attendere pazientemente che il tipo giustificasse la sua presenza: – Non so se ci hai fatto caso, ma abitiamo vicinissimi. Precisamente io abito in via Marconi, la strada parallela alla tua... No, Laura non ci aveva fatto caso e non le sembrava così sconvolgente saperlo. Matteo continuò imperterrito: – Il fatto è che, avendo cambiato agenzia assicurativa da poco, ci sarà, per quanto concerne la copertura economica dell'incidente, un po' di lungaggine burocratica... Beh, visto che abitiamo a due passi l'un dall'altra, ho pensato di venire a dirti personalmente di non preoccuparti. Insomma, ci metteranno qualche giorno in più solo per questo. Finalmente si fermò. Ora si udivano solo le voci di Stanlio e Ollio in tv, ma il loro parlottare era roba... da ridere, confrontato a quello di Matteo. Tuttavia, superato il primo impatto, Laura si aprì in un sorriso e lo invitò ad accomodarsi. Dovette riconoscere che lui era stato carino a venire direttamente per rassicurarla: in fin dei conti avrebbe potuto sbrigare la faccenda con una banale telefonata o, lasciare il compito alla stessa agenzia... che lo farà comunque. Parlarono del più e del meno. Fino a quando Matteo diede un'occhiata al suo orologio, alzandosi di scatto: erano già le undici e un quarto di sera: – Ma che idiota, ti sto facendo perdere tanto di quel tempo... è tardissimo. E' la notte di Natale, sicuramente ti stanno aspettando a cena da qualche parte. Scusami, vado via immediatamente...