STILELIB(e)RO Racconti di periferia | Page 61

dispensava insieme ai saluti i ricordi sbiaditi del loro atavico fidanzamento, raccattati grattando dal fondo della memoria. Lui e il gruppetto silenzioso non furono nemmeno interpellati. Era un tacito invito a rimanere. Rimasero lì per tutta la notte. A bere. Acqua. Mezzogiorno era passato da qualche tempo quando la casa si svegliò. L’unico inconveniente di queste magnifiche serate di festeggiamenti, o perlomeno il più notevole, è che la giornata che segue diventa lunga come una coperta corta: nel pomeriggio ci si affanna a recuperare gli impegni del mattino, ormai fuggito, e la sera si è ancora impegnati ad occuparsi dei temi pomeridiani… esattamente come una coperta troppo corta, comunque la si sistemi lascia sempre una parte scoperta. La zia della sposa o chi per lei, lo guardò ancora insonnolita e disse alla promessa sposa: – Gli altri sono ancora belli e vigorosi ma questo, mi sembra un po’ stanco. Che ne facciamo? La sposa abbandonò per un attimo i suoi sogni e rispose allegramente di non crearsi problemi: – Ormai, la sua figura l’ha fatta. Ora, possiamo disfarcene. Così, senza tanti complimenti, lo separarono. Non fu indolore. Sentì il suo corpo che, risentito, non voleva allontanarsi dai compagni. Poi, la robusta mano della zia lo trasse con decisione fuori dal gruppo che, immalinconito, gli premeva intorno per non lasciarselo portare via. Ma dovettero arrendersi… Sia i valorosi compagni che lui. Quindi, fu buttato in strada. Più precisamente in un bidone della spazzatura. Giudicate voi se, dopo un'esperienza del genere, vale ancora la pena accordare il nostro rispetto agli altri. Qualcuno lo vide. Un clochard. Si prese cura di lui mettendolo all’occhiello: anche se mezzo rovinato, un garofano sul collo della giacca è pur sempre un segno di distinzione, no?