– Come vuoi... cosa facciamo ora?
– Riportami a casa e poi vattene.
La giornata finalmente s'è conclusa. La pubblicità in tv promette un fisico da miss Italia a
buon prezzo: una spalmata di crema alla sera e il gioco è fatto.
"Magari!" Pensa tra se Barbara mentre si specchia delusa nel vetro del forno della cucina.
Tra qualche mese avrà trenta anni. Alcune donne sono sempre scontente del loro aspetto: e
Barbara è una di queste. Poi il suo pensiero va agli eventi della giornata appena conclusa:
"Ma chi me lo ha fatto fare..." La sua mente comincia a indietreggiare nel tempo.
Barbara, fresca della sua sudata laurea in medicina, giunse al numero sette di via Ugo
Foscolo alcuni anni fa. Le bastava chiudere gli occhi per rivivere il suo arrivo al
Dipartimento di Scienze Neurologiche. Ricorda di essere scesa dall'autobus in viale Pepoli e
di essersi diretta verso l'entrata principale con la curiosità che faceva capolino dal suo
sguardo azzurro. La curiosità era stata sempre il suo forte: sin da bambina aveva mostrato
un grande interesse 'per quello che c'era dentro'; per questo smontava tutte le bambole che le
capitavano a tiro; e per questo si era laureata in medicina. Era un giorno di fine settembre
particolarmente ventoso. La bandiera del liceo Righi, che fronteggia il dipartimento,
sventolava. Anche gli alberi volevano dire la loro; così le loro masse, ondeggianti come
giganti ubriachi, stormivano a ridosso della cancellata e, abbassandosi sulle teste dei
passanti, sembravano quasi voler loro suggerire qualcosa all'orecchio. Un difetto dei tipi
snelli come Barbara, è il loro scarso peso che, vincente quando salgono sulla bilancia, lo è
molto meno quando il vento tenta di atterrarle. Ma Barbara era ben ancorata comunque: il
suo carico di fiducia e speranza nel futuro che si portava dietro, era più che sufficiente per
avanzare perfettamente dritta anche in una bufera. La facciata tardo-neoclassica dell'istituto
la intimorì. Ma fu solo un'impressione fugace: lei era li per la specialità in neurologia mica
per farsi impaurire da un'architettura arrogante e accigliata. Chiese in portineria del reparto
del professor Monti e, quindi, si avviò verso l'ascensore.
Nel complesso, la prima impressione che ebbe dopo aver indossato il camice da 'spero di
diventare un neurologo', fu positiva. Gli altri ragazzi si dimostrarono quasi tutti simpatici e
disponibili, e anche il prof, pur se con un'espressione un po' corrucciata, risultava interessato
al buon umore. Durante il giro-visita a volte ci si scontrava con l'altra equipe, quella del
professor Martini: il corridoio, in quelle occasioni, sembrava invaso da un nugolo di
svolazzanti farfalle bianche in cerca dell'uscita verso un cielo fatto di nuvole di panna: quasi