Il treno delle 7 e 15
Erano le 7 e 45. Giovanni, come tutti i giorni, stava accompagnando a scuola Giorgio. Il
bambino era suo fratello, aveva otto anni e frequentava la terza elementare. Giovanni, 37
anni compiuti e una laurea in giurisprudenza, lavorava come sindacalista. Doveva correre e
sbrigarsi. Era lui che apriva l’ufficio. La scuola era a due passi e si poteva raggiungerla a
piedi.
Sotto il solito ponte della ferrovia, quella mattina, c’era una novità. Un tizio con un
cappellaccio e un vestito strausato, con una barba da Matusalemme, aveva addossato contro
il muro una capanna di cartoni. Era intento a scaldarsi 10 cc di latte su un fornetto da campo
che, probabilmente, aveva rimediato nell’immondizia. Latte e fornetto.
– Ma guarda, c’è un signore buffo: sembra Babbo Natale, esclamò meravigliato Giorgio.
Babbo Natale proprio, no. Gli mancavano le renne, i campanelli, i regali. E la fortuna
che, a quanto pareva, visto che era ridotto a servirsi di un ‘albergo’del genere, non gli aveva
mai strizzato l’occhio.
– Buongiorno, Babbo Natale! disse spontaneo il bambino.
Giovanni si scusò con l’anziano che si era girato con un sorriso.
– Ma si figuri, non mi offendo mica. Da bambino anch’io ci andavo matto per Babbo
Natale.
“Sì, peccato che non sia mai passato a regalarti qualcosa”, pensò amareggiato Giovanni.
Più avanti, dalla casina della signora Marta, il telegiornale dava notizie sconfortanti: sul
lavoro, la casa, la scuola, le famiglie che non arrivano alla fine del mese. Queste ultime
venivano citate da tutti, da desta, da sinistra, dal centro e dal… baricentro di una società
ancora lontana dal pensare veramente a tutti. Di solito chi le citava, non aveva questo
problema. “C’è qualcosa che non torna, questi, con stipendi da califfo, son sempre lì a
condannare chi non si attiva per livellare i bisogni delle persone: ma non sono ‘loro’ che