Sarà stato pure un delinquente. Ma era vestito figo. Fuori aveva il macchinone. Dentro il macchinone, una troia. Troia perché vestita con esagerata appariscenza. Forse non solo per quello, ma, se fosse stata un po’ più sobria nel vestire, a Marco sarebbe piaciuta. Anzi, gli piaceva. Lei non era entrata. Era rimasta a sgranchirsi le gambe, nella sera della periferia.“ Minchia, questo qui non conosce ostacoli. E c’ ha pure una sventola di ragazza … Minchia!”, concluse Marco che aveva mutuato quel‘ minchia’ da quei film finto siculo che infestano Mediaset, Rai, etc.
Il giorno dopo andò a scuola con uno spirito nuovo. Era di ottimo umore. Erano circa le 18 quando – si era allontanato dalla solita zona di periferia che frequentava, aveva preso di mira un bar sconosciuto – entrò facendo cigolare la vecchia porta. C’ erano dei vecchietti, tre, che giocavano a carte. Altre cinque, sei persone erano prese dalla corsa dei cani, in tv. Era, pressapoco, la copia del suo bar sottocasa. Non lo cagò alcuno.
“ E chi se ne importa. Se voglio diventare tutto quel che io possa diventare, non devo badare al pubblico … per adesso: vedremo tra poco se si sveglieranno!”, valutò tra se.
Si era vestito con attenzione. Tutto di nero. Insomma, non era granché ciò che indossava, tuttavia, lo sanno tutti, il nero incute rispetto: il tipo – il suo‘ maestro’ della sera prima – d’ altronde, era tutto scuro. Si guardò intorno. A destra. A sinistra. Al centro. Poi, dopo aver preso tutta l’ aria che potessero contenere i suoi polmoni, sbottò: – Un whisky doppio e dammi il resto dei cinquanta euro che ti ho dato ieri! Era, pari pari, la frase che aveva urlato il suo‘ maestro’. Non poté contare sulla voce cavernosa che non aveva. Né sul fisico ingombrante che non aveva. Né sull’ altezza imponente che non aveva. Né sull’ energia dello schiaffo che diede alla superficie del banco. Si fece maledettamente male alla mano e non pianse solo per non far brutta figura.
Il barista alzò appena gli occhi dallo straccio che stava dando con foga( si chiamava Mario come il barista di Ligabue, quello di“ Certe notti”).
Marco non sapeva se tirare via la mano addolorata o dare un altro schiaffo a quel banco che non lo degnava di abbastanza attenzione. Si sarebbe rotto tutte le falangi. Già i muscoli tenar e ipotenar chiedevano un secchio di ghiaccio, altro che whisky!(… Che poi, lui, non lo sopportava nemmeno l’ alcol).