SHINY MAGAZINE ITA 0 | Page 35

MYLÈNE JAMPANOÏ tre atti sono perfettamente amalgamati. Si è voluto precisare che ogni singolo atto avrebbe potuto costituire un film a sé stante semplicemente per chiarire che la nuova pellicola di Laugier, a discapito di quanto è stato affermato con superficialità da una certa parte della critica, non si inquadra in un genere cinematografico preciso e, soprattutto, non è una ridicola emulazione di determinate pellicole di genere Horror americane fra cui l’insulso “Hostel” né di quelle orientali, fra cui ricordiamo alcuni capolavori dell’ottimo Takashi Miike. Martyrs non cade nel grottesco, né sdrammatizza mai facendo ricorso ad un qualche genere di ironia o di humour nero. Pascal Laugier si propone con successo di affrontare una vasta serie di tematiche e per raggiungere il proprio scopo attinge a moltissimi elementi del cinema di genere, ma senza mai cadere nel banale né nel ripetitivo. Egli mescola gli ingredienti con originalità e dona alla pellicola un taglio personalissimo e tanto potente sia sotto un profilo estetico, sia sotto un profilo narrativo, da imporsi nel panorama cinematografico mondiale, divenendo perciò un riferimento e un indice di paragone con cui d’ora in poi i registi dei film di genere non potranno evitare di confrontarsi. Laugier, che naturalmente è anche lo sceneggiatore della propria opera, affronta le proprie ossessioni alla stregua di come i suoi personaggi si trovano costretti ad affrontare le proprie paure. La violenza più brutale, la sopraffazione, il complesso di colpa, la ricerca mistica che caratterizza ogni società che ha raggiunto il punto del tracollo, la pietà, la desolazione per quella che è la condizione umana, la speranza e la disillusione unite al miraggio dell’uomo di essere padrone ed artefice del proprio destino, la libertà e il diritto alla vita sono i principali temi affrontati dal regista. IT’S SHINY 34 MAGAZINE Martyrs è costruito principalmente sul paradigma dualistico sadiano vittimacarnefice. Nella storia del cinema la filosofia del marchese De Sade è stata portata sugli schermi in tutta la sua più efferata crudezza una sola volta. Era il 1975 e il film era Salò o le 120 Giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini, fedelmente tratto dall’omonimo romanzo di De Sade (e più in generale dagli studi contemporanei sulla produzione artistica dell’autore “maledetto”) e solo ingannevolmente adattato in chiave più moderna. In questa sede non si vuole instaurare un confronto fra queste due pellicole che sono enormemente distanti l’una dall’altra. Ma restando ancora per un momento su questa falsa riga, si potrebbe affermare che Martyrs sia esclusivamente lo sviluppo e l’estensione del Girone del Sangue del film di Pasolini.