se il quaderno spiegazzato dalla tasca e scrisse :
“Voglio essere ubriaco”.
Un tizio conosciuto in un bar, che affermava di essere uno
psicologo importante, gli aveva suggerito di scrivere tutte
le sue voglie oscure in modo da bandirle e relegarle in uno
spazio definito, in un mondo a parte.
“Voglio il mondo tutto per me”.
L’odore delle castagne, spaccate sui carboni di un venditore ambulante, gli fece tornare alla mente i bei natali passati
con la moglie e la figlia. Prima che tutto precipitasse, prima
che se ne andassero. Le coppiette indaffarate intorno a lui
facevano incetta di regali alle bancarelle, sbrigandosi per dirigersi al caldo di una casa e di un abbraccio.
“Voglio che la gente soffra come soffro io”.
La musica di una zampogna lo fece trasalire quando indietreggiando finì per sbattere in una colonnina di pietra, sulla
cui cima troneggiava un teschio di metallo, collocata fuori
una chiesa. La melodia lo attirò su per le scale e attraverso il
portale aperto vide un enorme presepe adagiato tra le ombre del presbiterio.
Titubante entrò, attraversando la navata silenziosa, come
attirato da una forza sovrannaturale. Antichi affreschi medievali tinteggiavano l’ambiente gotico, mentre le statue dei
santi lo ammonivano con lo sguardo dalle loro nicchie intricate. Aveva ancora stretta in mano la bottiglia. Si sentì un
anima persa, un verme destinato a strisciare verso il cadavere in decomposizione che era la sua vita.
Era solo e si avvicinò rapidamente, i suoi passi riecheggiava-
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