- Certo, certo. - bofonchiò Keitel. - Vada pure, se vuole lasci
pure qui la sua valigetta, così non le sarà d’intralcio nei preparativi.
Von Stauffenberg rimase interdetto, il suo bel volto altero si
deformò in un sorriso forzato.
- Non si preoccupi. - insistette il feldmaresciallo. - La ritroverà integra per la riunione. -
Il colonnello non seppe cosa dire per contraddire il suo superiore senza farlo insospettire.
Nella sua testa immaginò che anche questa occasione sarebbe infine sfumata, ma con il rischio che Keitel guardasse nella valigetta e trovasse le bombe. Avrebbe posto fine non solo
all’attentato, bensì a tutta la cospirazione in atto. Prima però
che potesse proferire una qualsiasi scusa, il feldmaresciallo
lo guardò in tralice. Rimase alcuni istanti a fissare l’espressione sul volto del colonnello.
- Capisco. - disse infine. - Immagino che abbia oggetti utili
per la toilette. Mi scusi se sono stato inopportuno. Claus Von Stauffenberg rimase rigido, ancora paralizzato per
la tensione. Per fortuna la sua smorfia precedente era stata
interpretata come semplice imbarazzo.
- Grazie, Generalfeldmarschall. I due ufficiali si congedarono con un saluto militare e si diressero verso la zona degli alloggiamenti.
Von Stauffenberg sentì dentro la sua testa un ticchettio regolare, come di un orologio che scandiva il tempo che lo separava dal momento fatidico.
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