concentriche geometrie di assonanza, le triangolazioni cosmiche per la partenogenesi dei mondi. Tutto sarebbe stato
diverso e la nuova fase astrale avrebbe condotto con sé alterazioni negli equilibri di sapienza, possibilità e certezza.
Eren-eren-eren valutò la sua posizione nel consesso degli
Arconti Maggiori. L’Arconte comunicò con una schiera scelta
di Arconti minori collegati a lui da vibrazioni simpatiche. Li
conosceva bene e sapeva di potersi fidare di loro. Ciascuno aveva un corpo desertico e, benché fossero stati esclusi
dalla la grande Causa in ragione dei loro spiriti irrequieti
e ambigui, tutti ambivano ancora entrare nel novero degli
Arconti Maggiori che potevano ammirare lo sviluppo di una
vita custodita da loro. Eren-eren-eren si rese conto di essere
in un momento angolare che metteva in gioco forze primarie manipolabili. Era sul confine della singolarità del tempo.
Emettendo una precisa serie di stringhe avrebbe potuto rigenerarsi e creare nuove ipotesi geometriche per dar sfogo
alla sua creatività ed ampliare il raggio della sua influenza.
Raggiunta la determinazione, passò dalla contemplazione ai
fatti. Su tutto il pianeta, calò una sinistra immobilità. I venti
smisero di soffiare, i mari furono placati ed il moto ondoso
tacque. Dokoko osservò fra i suoi piedi ciò che restava della
radura, il Bosco, il piccolo villaggio di Malfiore e gli omini
che vi formicolavano terrorizzati, poi le lontane montagne
innevate e, ergendosi in tutta la sua statura, scrutò l’oceano
distante, all’orizzonte. Quella stasi gli ricordava il potere del
Titano Amam, ma di lui nessuna traccia. Poteva riprendere la
sua vendetta. Mentre cercava di raccogliere a sé le forze per
scagliarsi contro le fortezze dei titani dormienti, entusiasta
all’idea di quando si sarebbero risvegliati trovando tutte le
loro opere devastate, avvertì un formicolio sinistro. Si arre-
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