furiose frustando l’aria. Le terre erano ancora coperte dal
bianco manto del gelo. L’astuto Tiamath decise di andare a
sud. Sorvolò immense distese di terre imbiancate e quando
i suoi occhi dorati, scrutando la superficie del mondo sottostante, riconobbero delle macchioline verdi, il drago serrò
al dorso le grandi ali e calò in picchiata. Le scaglie bronzee
scintillavano colpite dai raggi del sole. Tiamath il drago calò
sulla terra come un fulmine a ciel sereno. Vide il bosco farsi
rapidamente più vicino e distinse lo scintillare di un ascia
sul tronco di un albero. Mentre scendeva, un branco di umani a cavallo uscì dal bosco. - Perfetto, - pensò - il destino ha
riservato a Tiamath un lauto pasto. Mentre spalancava le possenti ali manovrando per frenare
la vertiginosa discesa vide un verde mostriciattolo uscire
dal folto del bosco e spaccare le ossa dei cavalieri. Silenzioso
come una folata di vento, Tiamath calò alle spalle del verde
esserino mentre questi maciullava la testa di un altro cavaliere. Incuriosito, il drago richiuse le ali sul dorso e rimase
immobile, appollaiato dietro Hugga. E quando Hugga estrasse la clava dal groviglio di ferro e acciaio, stupito dal furioso vorticare delle foglie sul terreno, si voltò per capire cosa
fosse quel vento improvviso. Tiamath allungò il collo in un
guizzo repentino, spalancò le fauci e strappò testa e torace
dell’orco con un solo morso. Mentre ingoiava, il drago contava i bocconi sulla sua tavola: un cavallo azzoppato, quattro
cavalieri, un boscaiolo ed un marmocchio. Non si sarebbe
preso il disturbo di inseguire gli altri cavalieri fuggiti nel bosco.
- Bie paete ton pademal, stefron stasseon ciclamis prodon-
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