Rocca del Tordo aveva impiegato la prima notte per attraversare la desolazione delle terre marce. Durante il giorno
aveva trovato un anfratto ai piedi delle montagne, aveva tirato fuori il braccio sotto sale del “grosso”, il coglione che
gli aveva fatto visita alla fine dell’autunno, e aveva divorato
un pezzo di spalla. Quando il maledetto fuoco giallo del sole
era tramontato, Hugga aveva ripreso la marcia nell’oscurità
valicando i monti innevati. Allo spuntare del mattino si era
riparato in una grotta al confine con la pianura e aveva pasteggiato con il resto del braccio del “grosso”. Quando erano
calate le prime brume di una notte senza luna, Hugga si era
mosso veloce attraversando furtivamente la pianura e raggiungendo il Bosco dei Sussurri all’alba.
Attirato dal rumore di un’ascia che batteva sul legno si era
diretto verso una radura. Adesso era lì, dietro un cespuglio.
Cercò un varco tra le fronde per osservare meglio. I suoi occhi enormi, arrossati e lacrimosi fremettero.
- Shi, Shi, pappa per Hugga. - sussurrò a se stesso. - Due umani, buoni umani, shi. –
Un filo di bava gli colò sulla pelle di capra che ricopriva a
stento l’ampio torace muscoloso. L’uomo con l’ascia era forte, un boscaiolo, tanta carne. Aveva portato con sé anche il
figlioletto, così Hugga avrebbe avuto anche il dolcetto per
concludere il pasto. Leccandosi le labbra che racchiudevano
la bocca enorme, sdentata e bavosa, strinse la mano intorno al manico della sua clava. Improvvisamente il maledetto ma rmocchio tirò un calcio ad un sasso. Hugga sussultò.
Il movimento attirò l’attenzione del marmocchio ma Hugga rimase immobile e, dopo qualche istante, il marmocchio
si sedette. Hugga si strofinò il naso schiacciato e incrostato
di muco secco. Il petto enorme e verde, avvolto in una rude
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