sero il limitare del Bosco. Mitcha adagiò sul terreno le ceste
mentre suo padre attaccava il primo tronco d’abete. Sapeva
di avere cinque minuti buoni di pigra nullafacenza, prima
che i colossali colpi di Gorg riuscissero ad abbattere l’albero. Diede un calcio ad un sasso che rotolò verso gli alberi. Gli
parve di vedere un movimento fra le fronde ma, osservando
meglio, non vide nulla di strano. Si appoggiò allora ad un
tronco caduto, coperto di muffa. In quel momento vide la
lucciola, immobile. Mitcha, senza pensarci troppo, sorrise e
la schiacciò.
Al primo apparire del sole, Hagar, figlio di Hugor signore
delle Terre Basse, emerse dal cespuglio in cui era rimasto
acquattato. Il Bosco era silenzioso, a parte qualche uccello
mattutino e il ritmico picchiare di un’ascia sul legno in lontananza. Hagar stirò le membra rattrappite e si preparò all’azione. Insieme a lui si ridestarono i dieci uomini che aveva
scelto per farsi accompagnare in quell’avventura. Era stata
una notte buia, senza luna. Una notte infernale, umida e dolorosa. La marcia forzata era stata dura. Dovevano a tutti i
costi raggiungere il Bosco dei Sussurri prima dell’alba, così
aveva detto suo padre. Altrimenti un cacciatore o qualche
suddito di Torund, signore delle terre d’Olbun e del Bosco
dei Sussurri, li avrebbe scoperti e sarebbe corso a dare l’allarme, così aveva detto suo padre. La marcia gli aveva anche risvegliato quel fottuto dolore al ginocchio malandato
per la mazzata presa da Torund un mese prima. Con grande
sforzo erano riusciti ad arrivare al limitare del Bosco prima
dell’alba, avevano legato i cavalli, bevuto un sorso di brosh e mangiato qualche salsiccia salata. Poi si erano potuti
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