no, una dopo l’altra.
La mia paranoia era alle stelle.
Tutto quello che mi circondava mi appariva come un costante ripetersi di inspiegabili coincidenze, eppure la mia mente
iniziava ad elaborarle, a spiegarsele.
Le conclusioni a cui giunsi furono due: che la mancanza
di attenzione riguardo al mio presente mi aveva portato a
sbloccare la percezione della dimensione temporale, ancora
inesperto coi mezzi a mia portata estrapolavo dal contesto
circostante gli avvenimenti che ero in grado di predire; oppure che ruotasse attorno a me una cospirazione di telepati
che monitoravano lo svilupparsi delle mie capacità.
Completamente confuso su quanto mi stesse accadendo, ero
pienamente consapevole che qualcosa stava accadendo.
La mia reazione iniziale a questa consapevolezza fu la paura,
e i mesi susseguenti furono particolarmente destabilizzanti.
A lavoro chiunque iniziasse a conversare in lingue straniere
parlava immediatamente di me, al ritorno in bus la musica
nelle mie cuffie non mi impediva di distinguere nei discorsi
degli altri passeggeri riferimenti ai miei colleghi di lavoro, e
pur sforzandomi di ascoltare una canzone, questa iniziava
a parlare della mia vita; giunto a casa le voci dei passanti
ubriachi fuori dal mio appartamento prendevano la forma
di minacce alla mia persona, seduto sul gabinetto il suono
distorto delle gocce del lavandino parlava di un imminente
arresto nei miei confronti.
Più cercavo di non ascoltare e più i messaggi che percepivo si facevano inquietanti. Tutto sembrava ruotare attorno
a me. L’aumentare del mio egocentrismo degenerava in paranoia, plasmando un circolo vizioso da cui non riuscivo più
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