tetto ai piedi della figura solitaria.
- Enkidu, da quanto tempo. - la calma voce dell’uomo di mezz’età
era nella lingua originaria del principe.
Arrak lo osservò alzandosi dritto in piedi. Era più alto di lui
ma meno massiccio, eppure il suo corpo denotava una potenza
enorme. Il fisico nudo era cosparso di lucenti placche metalliche
fuse con le membra e sulla testa dai lunghi capelli castani, una
corona tecnologica affondava le sue radici nel cranio.
- Enmarkar, il tuo regno è finito, tuo figlio Gilgamesh morto e
tutto per colpa della vostra follia.
- Dici il giusto principe Enkidu, ma noi non siamo più né Re né
uomini, siamo i nuovi eletti, degli Dei. E anche tu sei dei nostri.
Unisciti a noi e insieme governeremo questo nuovo Eden. Il cielo scuro e carico di una pioggia radioattiva iniziò a bagnare
i tetti dei palazzi.
- Avete condannato il vostro mondo per la foga della vita eterna,
vi siete fatti schiavizzare da quelle dannate macchine. Non c’è
più umanità in voi. C’è solo una risposta che posso darti! Il movimento della daga fu fulmineo mirando alla gola di Enmark. Il Re riuscì soltanto a spostarsi di qualche centimetro all’indietro e invece di perdere la testa si ritrovò con la gola aperta. Le
nano macchine virus ricollegarono carne e nervi in un istante e
Enmark, alzando la mano, iniziò a ridere. Arrak fu pervaso da
un senso di atroce dolore con le macchine presenti nel suo sangue che si piegavano al volere del Re.
- Inginocchiati e unisciti a noi!
Le vene del cranio si gonfiarono come tubi mentre la pioggia
acida gli bagnava le ginocchia che toccavano il cemento del tetto
senza il suo volere. Guardò la torre stagliata a poche centinaia di
metri da loro. Così vicino. Urlando di un urlo antico si oppose
alla forza che gli fletteva le membra, enormi ferite si aprirono
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