una daga lunga un braccio e larga come una coscia si piantò nella nuca del robot fino ad uscire dalla gola. Mentre il cielo piangeva fuoco e una torre mandata dagli dei proiettava la sua ombra
sulla città, Janara e Nezor videro come in un antico affresco un
barbaro guerriero di altri tempi bloccare l’ attacco della Furia.
Lo scheletro si voltò strappando la daga dalle mani del principe,
ancora piantata nella gola, e calò un potente fendente dall’ alto.
Il barbaro bloccò il braccio meccanico con una sola mano, i muscoli si gonfiarono, mentre le nano macchine facevano confluire
il sangue nei muscoli dell’ arto potenziandolo. Il terreno si crepò
sotto i piedi dei due mentre la macchina spingeva con la massima potenza il barbaro al suolo. Le vene del collo fino al braccio
divennero tubi mentre i fasci di muscoli si tendevano come cavi
d’ acciaio. Con un poderoso urlo spezzò con la sola forza della mano sinistra il braccio dello scheletro, mentre con l’ altragli
staccava la testalesa dalla daga, strappando fili e tubi collegati al
corpo, per poi gettarla nel fuoco, facendola seguire dal corpo.
Il barbaro, più simile ad un animale che a una persona, osservò
con gli occhi rossi il prete.
Dopo un attimo di sbalordimento, Janara si precipitò su Nezor e
prima di liberarlo cercò, ed infine trovò, il brano di pelle.
- Prete la tua vita mi serve! - un fuoco si accese negli occhi bianchi della lupa.
- Bene, allora liberami e sarà tua per una notte. Ormai tutto è
finito.
- Prima mi devi firmare questo! - gli mostrò il contratto.
- E sia, ma maledirai il momento in cui entrerai nella torre di
Utnapishtim. Gli dei hanno parlato!
Il barbaro silenzioso sentendo la parola Utnapishtimsobbalzò.
Non comprendeva cosa loro dicessero. Quella lingua era strana
e volgare, per lui. Cercò di parlare ma i due non capirono.
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