Il vecchio alzò lo sguardo preoccupato sul suo compagno di cella. Da quando lo avevano condotto in quella squallida prigione,
non aveva parlato, né era riuscito a vedere il suo viso, eppure
dalle dita che rimanevano scoperte dal saio nero capì di avere di
fronte uno della stirpe dei Serpenti. Infatti la pelle grigio scuro
era simile per colore ai popoli neri del nord, ma le squame da
rettile che la componevano non potevano mentire.
Fu travolto da un brivido quando pensò alle storie su questo
oscuro popolo. Assassini nati, adoravano Morte come unico dio,
mietendo le vite di coloro che si opponevano ai loro piani con
una crudeltà calcolata. Si dice che un Serpente conosca un migliaio di modi per uccidere un uomo con ognuna delle armi create dall’ uomo. Sedeva in un angolo della cella a gambe incrociate
salmodiando sottovoce, il saio nero che lo ricopriva era cinto da
fasce di cuoio scuro strette tutto intorno al torace e alle braccia.
Quando smise di recitare i suoi riti guardò il vecchio mostrando
finalmente il viso. I duri lineamenti sembravano scolpiti nella
pietra, con il naso schiacciato, la curva grave delle labbra e la
mascella squadrata. La sua pelle scura e squamata faceva rilucere il viso, che altrimenti sarebbe sembrato umano al bagliore
delle torce, mentre gli occhi gialli e obliqui scrutavano la figura
del vecchio.
- Morte mieterà le sue messi di sangue stanotte. Il sangue si infrangerà sulle mura di Karak come la rossa spuma del mare sulle
scogliere al tramonto. Lui me lo ha detto. - la sua voce era calma
e sussurrata, come una brezza estiva.
Ghignò mentre delle guardie lo prelevavano dall’ umida cella,
per portarlo all’ interrogatorio e alla sua tortura.
L’esplosione del metallo lo risvegliò facendolo respirare di colpo. Inspirando come un animale appena nato, rotolò sul fre20