ci si beccava la solita robaccia sintetica.
Eppure se tutti schifavano quel surrogato di whisky che lasciava
in bocca un retrogusto di petrolio, c’era chi il sesso lo preferiva
artificiale. È per questo che lui doveva tenere Rachel sotto sorveglianza assidua e quando non poteva in prima persona, doveva affidarsi a quei pochi che nutrivano la sua fiducia. Era già
successo che qualche scellerato avesse provato a violentarla. Per
quanto avessero tentato di tenere segreta la sua natura, le voci
avevano cominciato a circolare anche troppo presto e il prurito
di certi ceffi, che altrimenti avrebbero pagato in crediti per attingere a un ricco catalogo nei bassifondi della città, alimentava il
loro impegno a confermare o confutare il dubbio sulla veridicità
di quelle stesse voci.
- Sei così bella ... - le disse quella sera; era il massimo che poteva
concederle dopo ore di duro lavoro. Lei non apprezzò la banalità di un complimento che usurpava il posto a una sana scopata.
Avrebbe voluto essere presa senza avere l’opportunità di reagire.
Avrebbe voluto essere penetrata da dietro, la faccia al muro, le
unghie a infrangersi contro la parete d’acciaio, i liquidi a colarle
giù dalle gambe aperte. Non sopportava più quello che lui era
diventato: un fuggitivo romantico e disperato, intrappolato tra
l’attesa di perderla e la necessità di vivere.
- Lo so - rispose lei in tono di sfida: l’insicurezza di un tempo,
dettata dalla mancanza di pratica alla vita, aveva fatto posto a
una coscienza di sé che rasentava l’arroganza. I ruoli si erano
trasformati e da donzella inerme, il cui destino era nelle mani del
prode cavaliere, era diventata l’aguzzina di un uomo alla mercé
della paura di restare solo.
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